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L'economia umbra contagiata gravemente dal post Covid: i dati. L'Economista: "Importante una nuova visione dell'Umbria"

Elisabetta Tondini ha analizzato il difficile momento economico della nostra regione. Ecco perchè ora più che mai serve ripensare l'Umbria che verrà

di Elisabetta Tondini - Economica Agenzia Umbria Ricerche

Della eccezionalità della recessione di quest’anno purtroppo abbiamo tutti contezza. Da fine maggio la ripresa delle attività economiche si è lasciata alle spalle situazioni di non ritorno e ancora oggi, anche in Umbria, molte attività sono costrette a chiudere i battenti per difficoltà a gestire gli effetti della crisi. Il Pil dell’Umbria nel 2020 si stima crollerà dell’11,1%, figurando tra le regioni più colpite a seguito dell’emergenza Coronavirus. Questo, stante le nuove stime di Svimez. Qualche giorno fa l’Istat aveva comunicato i dati del secondo trimestre, ovvero aprile-giugno, che a livello nazionale riportano un calo tendenziale dell’economia del 17,7%, dovuto alla forte contrazione della domanda, sia dei consumi che degli investimenti e ancor più della domanda estera (ma anche delle importazioni).
 
Per la debole propensione esportativa dell’Umbria, la forte contrazione degli scambi con l’estero ha sortito un effetto diretto molto meno impattante rispetto ad altre regioni che molto di più dipendono dalla domanda estera. Va però anche detto che, come tutte le piccole economie, la nostra sconta da un punto di vista produttivo una forte dipendenza con l’esterno, soprattutto con le regioni italiane, la cui recessione ha aggravato e aggrava ulteriormente il già debole sistema Umbria.
 
Da un punto di vista del contributo esterno al sostegno dell’economia, due parole merita la domanda turistica che, a livello nazionale, ha subito un drastico ridimensionamento soprattutto nelle città d’arte. Invece in Umbria il fenomeno è stato – almeno dalle prime informazioni disponibili – decisamente meno invasivo. Il calo dei flussi, soprattutto stranieri, è stato più contenuto di quello che si paventava – almeno da un punto di vista complessivo, pur con le dovute specificità locali – complice sicuramente il messaggio di “Umbria sicura” ampiamente veicolato per l’attrazione in una terra ricca d’arte e di ampi spazi vuoti, ottimo connubio per un turismo di qualità e in sicurezza. Da sottolineare l’exploit – per certi versi inatteso – di visitatori anche da fuori regione alla Galleria nazionale.
 
Sul fronte della domanda interna, spicca la forte contrazione dei consumi, pari a -9,2%, nell’anno in corso e poco rassicura il fatto che sia un po’ inferiore al dato nazionale e del Centro Italia (rispettivamente -10,9% e -12%). La questione della domanda e della sua contrazione chiama in causa la sostenibilità dei redditi che a sua volta dipende fortemente dalla disponibilità di lavoro e dalla sua profilazione.
 
Già il primo trimestre del 2020 l’Umbria aveva registrato un calo degli occupati, passati da 369 mila a 355 mila. Circa 27 mila sono i lavoratori interessati dagli ammortizzatori sociali, in primis la cassa integrazione. A pagarne le spese sono stati soprattutto giovani e donne, i soggetti maggiormente impiegati in occupazioni precarie. Anche se gli ultimi dati nazionali hanno registrato per luglio, dopo 4 mesi di continue flessioni, una ripresa degli occupati, soprattutto donne e over 35 enni, il problema del lavoro dei più giovani dunque persiste, a livello nazionale come anche in Umbria.
 
Oggi, in un clima di minore scoraggiamento e in certi casi di ritrovata lieve fiducia nei prossimi mesi, in vista di una ripresa di cui tutti auspichiamo una diffusività territoriale e settoriale, non bisogna dimenticare che quando il Covid ha colpito le economie del mondo, il piccolo microcosmo umbro si trovava in una situazione di profonda debolezza dopo anni e anni di recessione, che hanno visto un’ulteriore enfatizzazione di molti dei problemi strutturali del Paese.
 
Pertanto, questo è un momento davvero molto delicato per ridisegnare il futuro del nostro territorio. È assolutamente necessario approfittare di questo passaggio infausto per le società e le economie a tutti i livelli per immaginare e pensare a una nuova visione delle modalità e delle priorità della produzione e dei suoi riflessi su competitività e crescita, cercando di cogliere le vie più suscettibili per un rinnovato sviluppo e lavorare ponendo una serie di misure che facciano sistema in questo senso.
 

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