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La città - Intervista architetto Monella: "La fibra è la svolta: ma Perugia deve dotarsi di una Silicon Valley"

Parla l'architetto sugli effetti delle nuove opportunità per famiglie e imprese che arriva dalla linea veloce. Ma servono molti correttivi per far diventare Perugia la capitale delle smart city

“Ma Perugia, se aspira veramente a qualificarsi come “smart city”, deve dotarsi di una vera Silicon Valley!”. Parola dell’architetto Mauro Monella, al quale chiediamo di precisare il senso del suo auspicio. “Il processo di posa in opera della fibra, da parte di ben due soggetti nazionali, offre una straordinaria e irripetibile occasione per approfittarne, in termini di reale modernizzazione ed efficientazione della macchina amministrativa”.

Insomma: “Non basta avere un’auto veloce, se poi non ci sono le strade adatte (in metafora, ma anche in concreto, ndr) o se mancano i piloti in grado di sfruttarne le potenzialità”.  Cosa intende dire l’architetto del Borgo d’Oro, appassionato amante della Vetusta? “Che, in sostanza, se non cambia qualcosa, permarranno esecrabili lentezze, legate a un modo di concepire la gestione della città che (più o meno consapevolmente) resiste, in termini burocratici e di testa, al cambiamento”.

Allora, cosa serve? “Serve una tornata di risorse, giovani ed efficienti, che approccino le questioni con diversa mentalità e con adeguate competenze!”. Quali, ad esempio? “Competenze informatiche, saperi gestionali, mentalità dinamiche ed elastiche. Senza offesa: ma dai collaudati ‘burosauri’ (burocrati-dinosauri, ndr) non possiamo aspettarci che vogliano, o sappiano, gestire il cambiamento”.

Allora che facciamo: licenziamenti in tronco di quanti non sono adeguati? “Intendiamoci – precisa Monella – non c’è nessuno da licenziare o da mortificare! Le risorse disponibili si dedichino alla gestione dell’ordinario e alla manutenzione della città. Che ha bisogno di un’attenzione elevata e costante. Ma, per cambiare veramente qualcosa, occorrono mentalità fresche, competenze sofisticate, progetti che guardino all’innovazione, non alla semplice e pigra conservazione dell’esistente”.

Insomma: tutto all’insegna della modernità? “Il mio discorso non vuole affatto invitare a ‘liberarsi dell’antico’. Ma, al contrario, tutelare rigorosamente, e senza condizioni, la storia e l’identità della città, che deve vivere, non proporsi come città museo. Occorre però collocarsi in una dimensione etica e deontologica che sappia coniugare rispetto della tradizione con la modernità, nel segno dell’efficienza e della progettualità”.

Perché? “Perché non c’è bellezza senza efficienza, non c’è reale cambiamento, se non si radica nella     migliore tradizione. Ma perdere il treno dell’innovazione e cullarsi sull’esistente è più che esecrabile: è colpevole!”. È dunque possibile che Perugia possa meritatamente fregiarsi del titolo di “smart city”? “Certamente: basta volerlo e agire di conseguenza!”.

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