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DOSSIER UMBRIA Come e perchè tre tempeste perfette (economiche-sociali) dal 2000 al 2020 hanno bruciato i nostri Risparmi e Pil. E come risalire...

Nel periodo 2000-2020 la produttività del lavoro in Umbria è diminuita quasi a velocità doppia rispetto a quella nazionale

Il Prodotto interno lordo (Pil) umbro nel periodo 2000-2020 è diminuito dello 0.74% annuo, passando dai quasi 24 miliardi di euro del 2000 agli attuali 20 miliardi nel 2020. È quanto emerge dall'ultimo rapporto di Agenzia umbria ricerche (Aur). L’economia umbra infatti registra le migliori performance nel periodo antecedente la crisi finanziaria del 2007-2008, esibendo un tasso di crescita annuo per l’intervallo temporale 2000-2008 pari a +0.45%.

Contrariamente nel periodo 2009-2020 - al netto di alcuni anni leggermente superiori alla media regionale - il Pil umbro manifesta un tasso di crescita negativo intorno al -1% annuo. Un risultato esacerbato in seguito alla pandemia mondiale occorsa nell’anno 2020. Tuttavia, considerando solo il periodo 2009-2019, il Pil umbro decresce del -0.37% annuo, risultando confermata la dinamica relativa al calo di lungo periodo del Pil regionale.

Facendo un esame più approfondito del Pil italiano e regionale quindi appaiono piuttosto evidenti le tre grandi crisi che hanno colpito il nostro Paese dall'inizio del nuovo millennio. La prima flessione si osserva nel periodo 2007-2008, successivamente alla crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti in seguito alla bolla finanziaria dei mutui residenziali. In questo contesto il Pil regionale umbro subisce una diminuzione pari al -7.6% in termini reali. A livello nazionale la decrescita si attesta intorno al -5.6%. Per gli istituti di credito italiani la crisi prosegue nel periodo 2010-2011. Si cerca di porre rimedio con massicci interventi pubblici, che hanno come effetto nel medio-lungo termine un aggravio degli squilibri della finanza pubblica. Tutto ciò si traduce in un’ulteriore battuta d’arresto per la crescita del Pil reale regionale (-4,4%) e nazionale (-3,0).

Negli ultimi mesi del 2019, in seguito alla pandemia generata dal virus Sars-CoV-2, riscontriamo l’ultima delle tre grandi crisi dell’ultimo ventennio. L'impatto sul Pil reale è di -8,4%. A livello nazionale si riscontra una contrazione di 8,9%. 

Ma come si misura lo stato di salute di un'economia? Innanzitutto un indicatore fondamentale è sicuramente la produttività del lavoro - cioè l’efficienza con cui si impiegano le risorse umane nel processo + di produzione - che, osservando l'andamento dei dati, risulta in inesorabile declino da due decenni: nel periodo 2000-2020 la produttività del lavoro in Umbria è diminuita quasi a velocità doppia rispetto a quella nazionale, con un calo a livello regionale pari al -0.85% annuo, mentre a livello nazionale la riduzione risulta più contenuta, pari al -0.44% annuo. La causa di questa situazione è l'insufficienza e l'inadeguatezza degli investimenti nel periodo preso in esame. Altro fattore da tenere presente è il forte calo di accumulazione del capitale su cui ha inciso fortemente la difficoltà ad indiriczzarsi verso settori a più alto contenuto tecnologico e di innovazione.

Un altro indicatore che va a braccetto con quello appena spiegato è il tasso di occupazione. Nella nostra regione è largamente superiore rispetto a valore medio italiano: +5,2 punti percentuali. Il periodo 2000- 2020 evidenzia un incremento nel numero delle persone occupate in Umbria pari al +0.13% annuo. Ma è il 2010 a segnare uno spartiacque: prima, l’importante flusso migratorio in entrata di persone giovani appartenenti alle fasce d’età 18-39 anni ha contribuito ad attutire l’invecchiamento della popolazione. In seguito, il fenomeno non solo si è attenuato ma addirittura invertito registrando un deflusso sia di umbri verso l’estero che di stranieri verso altre aree dell’Italia.

Anche il trend della popolazione umbra - la composizione per età della popolazione risiede nel fatto che le abitudini, i comportamenti, e le preferenze degli individui - è un indicatore importante: a partire dal 2012 la popolazione si sta riducendo anno dopo anno. Questo porta inesorabilmente alla riduzione della quota di popolazione in età lavorativa (15-64 anni) rispetto al totale.

Tirando le somme del discorso, il recupero di produttività presuppone: un rafforzamento degli investimenti verso l’istruzione e l’innovazione digitale e tecnologica delle imprese e, più in generale, un miglioramento infrastrutturale che l’attuazione dei progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dovrebbe apportare alla regione Umbria. Inoltre è auspicabile innescare meccanismi demografici che abbiano effetti positivi compensativi rispetto all’invecchiamento della popolazione.

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