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Economia

Coronavirus, la moda è in ginocchio: "Imprese con -100% di fatturato, in 5mila a rischio chiusura"

Il presidente Carlo Petrini: “Saldi dal primo agosto e niente promozioni, serve una ripresa slow e in sicurezza”

Un intero settore in ginocchio: "Con un -100% sul fatturato per la maggior parte delle imprese, quelle non attive sulle piattaforme virtuali,  - spiega Confcommercio Umbria - il settore Moda è tra i più colpiti dalle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria coronavirus, che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di 5 mila imprese umbre". 

E ancora: "A fronte del crollo drammatico di consumi e fatturato, Federmoda continua a chiedere liquidità immediata senza burocrazia e contributi a fondo perduto per le imprese in difficoltà". Come spiega il presidente Carlo Petrini "è fondamentale che i dati di diffusione del contagio, che in Umbria sembrano migliori che altrove, consentano la riapertura in condizioni di sicurezza, in modo che i nostri clienti possano accedere tranquillamente ai nostri negozi, che si impegnano naturalmente a garantire tutti i dispositivi di prevenzione previsti per tutelare la salute collettiva".

Quindi, la richiesta: "Proprio per prepararci adeguatamente, dobbiamo conoscere con un congruo anticipo tempi e modalità: non ci possono dire due giorni prima, come accaduto ad esempio ai negozi di abbigliamento per bambini nei giorni di Pasqua, che da un giorno all’altro possiamo ripartire. Dobbiamo riorganizzare su altre basi la nostra attività, effettuare la sanificazione dei locali secondo modalità non ancora chiare. La stabilità finanziaria delle nostre aziende è fragile quando non a serio rischio: non possiamo permetterci di sbagliare". 

Poi la questione dei saldi: "Non è pensabile immaginare saldi di fine stagione prima del prima agosto – spiega Petrini – ed è irragionevole parlare di vendite promozionali quando abbiamo le nostre collezioni intatte nei nostri negozi chiusi. Questa drammatica emergenza può darci l’occasione per riordinare il nostro comparto e ripensare anche i tempi della moda, in modo che si adattino a modelli di consumo prevedibilmente più lenti e responsabili".

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