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Economia

Coronavirus, sindacati contro il decreto lavoro. Confindustria: "Le attività rimaste aperte sono strategiche"

Il presidente degli industriali umbri Alunni: "Non c'è alcuno scambio tra salute e mercato, la sicurezza resterà garantita"

L'ultima stretta sulle attività produttive decisa dal governo Conte con il Dpmc del 22 marzo ha scatenato la protesta dei sindacati, sul piede di guerra nei confronti dell'esecutivo. Secondo le varie sigle sindacali, l'elenco delle attività produttive ritenute strategiche - e quindi autorizzate dal governo a restare aperte - non rispecchierebbe quello che si era profilato al tavolo di palazzo Chigi e sarebbe stato 'allungato' dall'esecutivo su 'pressing' di Confindustria.

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Questa la posizione degli industriali umbri: "Non c'è alcuno scambio tra salute e mercato - spiega Antonio Alunni - presidente di Confindustria Umbria -. La salute viene prima di ogni altra cosa. Confindustria è impegnata quotidianamente affinché tutte le aziende associate siano in condizione di garantire la massima sicurezza ai propri collaboratori, che rappresentano un patrimonio primario ed essenziale. Parimenti, bisogna supportare il Paese in quelle filiere che oggi sono essenziali. Mi riferisco, ad esempio, all'agroalimentare, alla farmaceutica, alle utility e all'energia. L'interruzione di queste attività comprometterebbe ancora di più la capacità del Paese di superare questo momento. Ai prefetti, il Decreto delega la facoltà di individuare quei casi in cui non ci sono le condizioni per operare. Ma posso garantire che il nostro sistema industriale e imprenditoriale ha ben chiara la responsabilità del momento. Le attività che rimarranno operative sono quelle che rientrano nel dettato del Decreto e questo perché è il Decreto stesso che le definisce essenziali e strategiche per il Paese".

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