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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Lavoro, Cgil: "In Provincia di Perugia dilaga il contratto a chiamata"

La Cgil di Perugia scrive alla Direzione provinciale del Lavoro per richiedere un incontro sul contratto di lavoro intermittente, che nasconde il problema del lavoro a nero

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PerugiaToday

La Cgil di Perugia scrive alla Direzione provinciale del Lavoro in merito alla diffusione in provincia, da parte delle aziende del Contratto di Lavoro Intermittente (“Call on Job”).

Sempre più frequenti sono le denunce da parte di lavoratori che, pur di lavorare, sottoscrivono questo tipo di contratto che “nella stragrande maggioranza dei casi nasconde un vero e proprio lavoro subordinato”. La Cgil che, insieme al suo Ufficio vertenze, ha scritto una lettera alla Direzione Provinciale del Lavoro di Perugia per chiedere un incontro urgente su questa vera e propria emergenza.

“Il lavoro a chiamata – scrivono Eros Cozzari e Rossano Rubicondi, dell'ufficio vertenze Cgil e Patrizia Venturini della Camera del Lavoro - prevede che il datore di lavoro, al momento del bisogno, chiami il lavoratore per svolgere una giornata di lavoro o qualche ora. A fine mese viene consegnata la busta paga dove risultano pagate solo le ore di lavoro effettivamente svolte. Si tratta del lavoro più precario in assoluto e ironia della sorte, quasi tutti i contratti sono a tempo indeterminato. Apparentemente i lavoratori sono stabili, in realtà sono in totale balia delle esigenze del datore di lavoro”.

Il problema comunque, scrive la Cgil, non è contestare il contratto in sé, seppure discutibile, ma “le storture e le furbizie che spesso nasconde”, tra le quali, secondo il sindacato, due in particolare.

La prima: “Questo contratto viene spesso utilizzato – scrivono ancora Cozzari, Rubicondi e Venturini - per coprire lavoro nero. A fine mese le buste paga riportano solo una minima parte delle ore effettivamente svolte. Uno scandalo che sta crescendo sempre di più, con i lavoratori che subiscono in semi-silenzio, perché forte è il ricatto che la disoccupazione dilagante procura”.

La seconda: “I datori di lavoro – affermano i sindacalisti Cgil - preferiscono fare questo tipo di contratto a tempo indeterminato piuttosto che quello vero e proprio, perché in questo modo sono più liberi di tenere a casa i lavoratori, i quali così sono ancora più 'docili' e 'malleabili'. Questi lavoratori, poi, in caso di crisi aziendale sono 'abbandonati', in quanto non spetta loro nessuna forma di sostegno al reddito”.
In conclusione, la Cgil ritiene che “il contratto di lavoro intermittente se non applicato correttamente come previsto dalla legge diventa un problema serio, che inquina il mercato del lavoro con vere e proprie forme di sfruttamento legalizzato.

L’incontro che noi chiediamo – conclude il sindacato - è per conoscere quali sono le strategie che la Direzione vuole intraprendere per arginare il dilagare improprio di questa tipologia di lavoro”.

 

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