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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

L’orrore in casa: picchiata, ammanettata a un termosifone e violentata, ex condannato

L'imputato è stato condannato a sei anni e mezzo di reclusione per stalking, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale

Picchiata, umiliata, offesa. Come madre, come donna, come compagna. E’ il calvario di una giovane, vittima della violenza sconfinata del compagno, che per anni – dal 2004 al 2011 – e poi dopo la separazione, le avrebbe reso la vita un inferno. Maltrattamenti in famiglia, spesso davanti ai loro figli ancora piccoli, costretta a subire rapporti sessuali, minacciata di morte e picchiata. A volte ammanettata al termosifone e presa calci in testa, all’addome, per poi essere violentata. Ieri, dinanzi ai giudici in composizione collegiale, l’imputato – ex compagno della donna (difeso dall'avvocato Diego Lacchi)– è stato condannato a sei anni e sei mesi di reclusione e dovrà risarcire la parte civile con una provvisionale di 25mila euro.

L’orrore subito e raccontato dalla donna, parte civile con l’avvocato Paola Pasinato del foro di Perugia, sarebbe iniziato fin dalla prima gravidanza della donna. In un episodio, raccontato da lei stessa nel corso del processo, avrebbe cercato addirittura di investirla con l’auto. Poco dopo la nascita del primogenito invece, nel dover ricorrere al cure del pronto soccorso per le botte prese, sarebbe stata anche costretta a mentire: “Ero caduta accidentalmente.. fui costretta a dirlo perché sennò sapevo che quando tornavamo a casa morivo, era l'ultimo giorno”.

Una violenza spesso generata dalla morbosità dell’uomo nei suoi confronti, a cui avrebbe vietato qualsiasi contatto umano con fratelli, amici, familiari, perché lui era il capo della sua vita. Dalle testimonianze escusse nel corso del processo, emerge uno spaccato di quotidiana sofferenza: “Mi colpiva molto alla testa, poiché diceva che almeno non avrebbe lasciato segni visto che lavoravo in un negozio”. E ancora: “mi diceva sempre che dovevo tremare ogni volta che mi guardava, che non dovevo assolutamente parlare... lui mi diceva che avrebbe ucciso me e tutti i miei cari. Io non dovevo parlare, dovevo solamente sopportare e subire”. Neanche lo sguardo avrebbe potuto alzare, se fossero andati in giro insieme. Ogni occhiata rivolta al mondo esterno sarebbe stata per l’uomo l’interpretazione di un possibile tradimento. E giù botte, ingiurie di ogni tipo, tanto da arrivare ad accusarla perfino di incesto o di provocarla e umiliarla accusandola di essere la protagonista di alcuni filmini a luci rosse.

Fino a quando lei decide di scappare, per sempre, da lui. Nel 2012 la fine del rapporto e l’inizio di un nuovo incubo, perché l’uomo, davanti a quel rifiuto, avrebbe iniziato a perseguitarla. Oltre cento chiamate al giorno, messaggi di morte, minacce di dar fuoco alla casa con i bimbi dentro, se non fosse tornato da lei.

L’avvocato di parte civile Paola Pasinato si dichiara soddisfatta del risultato ottenuto: “E’ l’ultimo tassello per riuscire a restituire un po’ di normalità a una donna vittima di violenza”.

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