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Cronaca

Violenza sessuale sulla figlia di 13 anni, l'udienza salta perché l'imputato è sotto choc dopo il suicidio del compagno di cella

L'uomo avrebbe violentato la figlia per "insegnarle come sono gli uomini e così non l'avrebbero violentata". Era a Capanne con Luciano Naticchi, omicida della madre, e morto mercoledì scorso davanti agli occhi dell'imputato

Doveva essere il giorno del giudizio per il padre orco accusato di aver abusato della figlia minorenne, convincendola che quanto faceva, fosse per il suo bene, per evitare che la violentassero quando sarebbe cresciuta.

L’uomo, difeso dagli avvocati Fabio Maddalena e Donatella Panzarola, aveva chiesto e ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato, ma oggi non è comparso ed è stato chiesto un rinvio in quanto è ancora sotto choc per quanto avvenuto mercoledì scorso in carcere. Il compagno di cella dell’uomo, Luciano Naticchi, condannato per l’omicidio della madre, si è tolto la vita. A trovarlo morente in cella proprio l’uomo accusato di aver violentato la figlia. Anche secondo il medico non era in condizioni di partecipare all’udienza di oggi. Così il giudice per l’udienza preliminare Natalia Giubilei, ha rinviato al 9 luglio.

Secondo l’accusa l’uomo avrebbe costretto la figlia di 13 anni a subire atti sessuali, dopo averla “fatta spogliare” e sdraiare sul letto, compiendo l’atto sessuale completo “riferendole che avrebbe dovuto imparare il gesto perché altrimenti prima o poi l’avrebbero violentata”.

La bambina era riuscita, non senza difficoltà, a raccontare alla madre e ad un’amica che “quelle cose lì avvenivano” quando era con il padre. E di non essersi mai ribellata “perché non era così stupida da farsi violentare” e poi aveva paura dell’uomo che “in altre occasioni l’aveva picchiata senza motivo, tirandole le orecchie con le mani”.

L’uomo era stato arrestato dopo che la figlia aveva raccontato tutto, in audizione protetta, a personale medico e specializzato della polizia giudiziaria. La piccola era apparsa sincera, allo psichiatra, in forte imbarazzo a parlare della vicenda, torcendosi le mani e nascondendo il viso. Per il perito la sua confessione e la denuncia dei fatti non era stata fatta per punire il padre né la piccola era stata strumentalizzata dalla madre.

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