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Cronaca

Scuola, botte e insulti allo studente a lezione: "Essere gay è una brutta malattia". Condannato professore

L'episodio era avvenuto nel 2014, suscitando veementi reazioni e la visita di un sottosegretario, con sospensione e trasferimento del docente

Condannato a 9 mesi di reclusione, con pena sospesa per lesioni personali nei confronti di uno studente. Il docente era anche accusato di aver offeso il ragazzo definendolo “gay”.

Il professore, difeso dall’avvocato Rita Bocchini, si è sempre difeso negando che i fatti si fossero svolti così come descritti dal giovane e dai genitori nella denuncia, ma è stato condannato anche a risarcire la vittima con 1.500 euro. Il ragazzo si era affidato all’avvocato Massimo Rolla.

La vittima era stata insultata e picchiata a scuola. I fatti erano avvenuti nel 2014, durante una lezione. Secondo il racconto del ragazzo, confermato da tre compagni di scuola, si stava svolgendo la lezione quando il professore, passeggiando per l'aula, aveva detto: "Essere gay è una brutta malattia". Guardando fisso lo studente. Siccome questi non aveva sentito, il professore aveva ripetuto la frase, chiamando lo studente per nome e cognome. Il ragazzo guardando il docente, aveva chiesto se si riferisse a lui. E il professore: "Certo che dico a te, è brutto essere gay? Tu ne sai qualcosa". E il ragazzo rispondeva: "Sicuramente, da quando conosco lei".

La risposta fulminante aveva prodotto la reazione del docente, autore di un’aggressione con due calci alle gambe allo studente, per poi colpirlo con due pugni alla spalla, fino a prenderlo per il collo, stringendo con forza. Tanto che il compagno di banco interveniva in aiuto dell'amico: "Professore lo lasci, non vede che lo sta strozzando?". Al che, il docente lasciando la presa imponeva allo studente il silenzio: "Non ti permettere mai più di prendermi in giro".

Al suono la campanella lo studente veniva avvicinato da una compagna nel corridoio (evidentemente la voce si era già sparsa per l'istituto), che gli chiedeva: "Ti sei arrabbiato per il rimprovero?". E lui: "Quale rimprovero, mi ha picchiato". Alle loro spalle, però, c'era la coordinatrice di classe, che sentendo tutto decideva di chiarire. Il ragazzo non voleva parlare subito e non diceva nulla alla professoressa. E anche una volta tornato a casa non voleva dire nulla. Solo che i genitori si accorgevano che il figlio zoppicava vistosamente e lo convincevano a raccontare tutto, tra lacrime di dolore e di rabbia. Poi lo portavano in ospedale dove gli riscontrano un grosso ematoma alla coscia (giudicato guaribile in cinque giorni).

Dopo le cure in ospedale i genitori andavano alla polizia (essendo minore era già scattata la segnalazione dal nosocomio) per denunciare i fatti. Facendo scoppiare un caso nazionale, con interrogazioni parlamentari, la visita di un sottosegretario, la sospensione e il trasferimento del docente.

A distanza di quasi sette anni e ai limiti della prescrizione è arrivata la condanna del professore.

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