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Cronaca

Veleni e mugugni all'Università per Stranieri, nuovi concorsi per professori, ma non per ricercatori. E il bilancio piange

Approvato il preventivo 2020: manca 1 milione e mezzo di euro. Calano gli iscritti e gli studenti cinesi. Dubbi sulla "indennità di lingua" che va ai dipendenti amministrativi. Da Roma si paventano pesanti tagli

All’Università per Stranieri di Perugia è iniziata ufficialmente la stagione dei veleni. Stagione che inizia sempre quando le cose non vanno e i conti non tornano, soprattutto se all’orizzonte si staglia l’ipotesi del taglio dei fondi.

Andiamo con ordine. Il senato accademico e il consiglio di amministrazione dell'Università per Stranieri di Perugia hanno approvato il bilancio preventivo 2020. Un documento che traccia una linea rossa e certifica una perdita di 1.536.574 milioni di euro (su cui pesa fortemente il presunto ammanco di 3 milioni derivante dalla sparizione di parte delle tasse universitarie versate dagli studenti cinesi e per il quale, ammanco, è in corso un’inchiesta interna, mentre per la Procura perugina non ci sono indagati tra i cinesi).

A fronte di questa sofferenza, però, sono pronti sette concorsi per professori ordinari. Voci di corridoio a Palazza Gallenga dicono che questi sette professori proprio non servono a coprire le posizioni di organico e di docenza, visto il calo di iscrizioni in generale e i dieci posti già banditi nel 2019. Senza considerare che sono previsti anche due concorsi per professori associati, mentre non sono previste prove concorsuali per ricercatori che rimangono dieci in tutto.

Concorsi anche per l’area amministrativa con tre concorsi per alti funzionari di categoria EP e due funzionari di categoria D., con conseguente aumento dei costi dell’ateneo (calcolatrice alla mano si parla di almeno 800mila euro in più all’anno).

Da un lato, quindi, aumento dei costi e dall’altro diminuzione delle entrate come conseguenza del calo di iscrizioni (peraltro situazione già segnalata dal collegio dei revisori dei conti, con tanto di invito alla prudenza messo nero su bianco). I revisori chiedono anche lumi sull’indennità di lingua, cioè 430mila euro all’anno, che vengono spalmati su tutto il personale amministrativo. Evidentemente non si parla italiano nei corridoi degli uffici.

Scorrendo i dati si scopre che gli iscritti ai corsi 2019/2020 erano 472. Gli immatricolati per l’anno universitario 2018/2019 erano stati 544. I cinesi che frequentano i progetti Turandot e Marco Polo sono passati da 900 all’anno ad appena 200. A Roma, nei palazzi ministeriali, nutrono dubbi sui 13 milioni di contributi ad un ateneo che conta sì e no mille studenti. Cioè 13mila euro a studente contro una media nazionale di 4.700 euro.

Nuova linfa potrebbe venire dai corsi di lingua e cultura italiana per migranti, rifugiati e richiedenti asilo, soprattutto se passasse l’ipotesi ius culturae. In quel caso a ripianare i conti sarebbe sempre lo Stato, cioè i cittadini.

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