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Cronaca

Una famiglia in lotta per la verità: "Nicola non è morto per overdose, è stato ucciso, non archiviate"

Il giovane era deceduto nel 2013 e il suo decesso classificato come effetto della droga, ma i familiari portano in Procura elementi su un possibile omicidio

Nicola Romano viene trovato morto il 17 agosto del 2013 in via Mater Dei a Perugia. Un anno dopo la Procura archivia il caso come decesso a causa di overdose. La famiglia non ci sta. Troppe cose non tornano e fanno indagini, scoprendo che il ragazzo era stato vittima di pestaggi e minacce. Quanto alla droga, inoltre, era pulito da tempo, da quando si era disintossicato, tanto da ottenere il rinnovo della patente per un anno e il visto per l’Australia. Se non fosse stato “pulito” non avrebbe ottenuto né l’uno né l’altro. Il tutto corredato di perizie tossicologiche, consulenze e fotografie.

Indizi ed elementi che hanno portato la Procura di Perugia a riaprire il caso. Anche se dopo un anno la conclusione è stata la stessa: archiviazione in quanto dopo tanto tempo non è possibile giungere ad accertamenti univoci.

La sorella del 26enne deceduto, Maria Chiara Romano, assistita dagli avvocati Anna Beatrice Indiveri e Barbara Romoli, ricorda come quel giorno sia stato lo zio a trovare il nipote morto nell’appartamento e di aver scattato delle foto al corpo in posizione di protezione, come se qualcuno l’avesse aggredito. Anche l’interno dell’appartamento era tutto a soqquadro e un vicino ha raccontato di aver sentito, intorno alle 3 di notte, un forte trambusto. L’ipotesi dell’overdose non convince i familiari: Nicola aveva seguito un percorso di recupero e ne era uscito, lo dimostrano anche le perizie tossicologiche che smontano la consulenza della Procura, evidenziando errori nei prelievi e nelle analisi; lo testimonia il fatto che il giovane aveva ripreso la patente da poco ed era in procinto di partire per l’Australia, se fosse stato ancora succube della droga non avrebbe potuto riavere la patente e il visto; il corpo è stato trovato, a differenza di quanto accade per altri casi di overdose, senza la siringa al braccio e, non solo, l’ago non è mai stato trovato e il foro, secondo i periti, è stato fatto da un mancino. Nicola era destro. Difficile anche solo pensare che possa aver usato la mano sinistra per iniettarsi la droga. Qualcuno, secondo la famiglia, prima ha picchiato il giovane e poi gli ha iniettato della droga, in ogni caso sulla base delle analisi del sangue, in quantità non sufficiente a provocarne la morte.

Le indagini dei familiari hanno anche messo in luce come il giovane sia stato vittima di minacce e pestaggi da parte di almeno due soggetti che gli avevano anche preso le chiavi della macchina e lo ricattavano con richieste di soldi per un probabile debito.

Con tutti questi elementi la famiglia è riuscita a far riaprire il caso, ma la conclusione è stata la stessa, senza approfondimenti se non una nuova perizia. Nessuna delle persone indicate dai familiari è stata sentita e nessuna pista, sempre tra quelle evidenziate dai parenti, è stata approfondita. Qualche mese fa, infine, qualcuno ha scritto sulla tomba di Nicola: “Adesso l’hai fatta finita di fare il tonto”.

A fronte della richiesta di archiviazione i familiari, con i loro legali, hanno depositato una richiesta di opposizione indicando nuovamente tutti gli elementi che non sono stati approfonditi per non liquidare il caso come morte in conseguenza di assunzione di droga.

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