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Cronaca

Umiliato, mobbizzato e deriso dai colleghi e dai superiori perché omosessuale, il pm: "Condannateli tutti"

La pubblica accusa ha chiesto pene che variano da 2 anni a 6 mesi per i comportamenti tenuti in azienda da sei persone nei confronti di un lavoratore

Umiliato perché omosessuale, il pm chiede la condanna per tutti e sei i colleghi di lavoro accusati di mobbing.

La pubblica accusa ha chiesto la condanna a 2 anni per la responsabile del personale, 1 anno per un altro responsabile e 8 mesi per un superiore di reparto. Per gli altri tre imputati il pm ha chiesto 6 mesi. Alle richieste di sono associati i difensori della parte civile, l’avvocato Rita Urbani e l’avvocato Saschia Soli per Omphalos Arcigay Arcilesbica.

Secondo l’accusa i sei, quattro uomini e due donne, difesi dagli avvocati Aldo Poggioni, Gennaro Esibizione, Massimo Lipparini e Marco Gentili, avrebbero, a vario titolo, “maltrattato il dipendente, sottoponendolo a continue e ripetute condotte vessatorie e discriminatore” da cui “scaturiva una situazione di obiettiva costrizione e soggezione psicologica”. La vicenda ha avuto anche un risvolto processuale davanti al giudice del lavoro, in quanto i dipendenti coinvolti erano stati poi licenziati. Il giudice del lavoro ha disposto il reintegro ritenendo il provvedimento di licenziamento ingiusto a fronte di comportamenti non provati dalle testimonianze.

Nel capo d’imputazione sono riportati i comportamenti tenuti dai superiori nei confronti del dipendente a tempo indeterminato: una delle imputate lo avrebbe minacciato “di licenziamento qualora non fosse stato più in grado di fare le consegne dopo l’infortunio sul lavoro” e lo avrebbe obbligato a consegnare “la certificazione medica attestante il ricovero a seguito di tso presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale di Perugia benché la mattia fosse ampiamente documentata ai fini previdenziali”.

Gli altri colleghi imputati lo avrebbero diffamato chiamandolo “frocio, checca, finocchio” alludendo apertamente, e falsamente, a prestazioni sessuali a pagamento del collega nei luoghi della prostituzione a Perugia. In altre occasioni avrebbero istigato altri colleghi a tenere comportamenti vessatori, continuando ad insultarlo con espressioni offensive relative all’orientamento sessuale o simulando una camminata effemminata quando andavano a prendere il caffè alla macchinetta aziendale.

Un’altra imputazione riguarda l’aver diffamato il dipendente chiamandolo “con l’appellativo ‘matto’” di fronte “agli altri dipendenti dell’azienda” oppure insultandolo davanti a tutti e chiamandolo “imbecille” e “cretino”.

Secondo la Procura anche il trasferimento in una sezione distaccata per “farlo lavorare in condizioni di totale isolamento ed emarginazione” oppure affidandogli un incarico che “di fatto, era privo di mansioni”, fino al licenziamento sarebbe passibile di condanna.

I comportamenti attuati da superiori e colleghi, come parlare “davanti agli altri imitando l’accento del collega e “contestualemente ondeggiare i glutei e muovere la mano con fare effemminato alludendo al suo orientamento sessuale” avrebbero indotto “un grave e perdurante stato di ansia” nella parte offesa.

Secondo l’accusa lo avrebbero deriso e sbeffeggiato in più occasioni. Una delle imputate, avrebbe parlato

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