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Cronaca Campello sul Clitunno

Esplosione alla Umbria Olii, la Cassazione: "No alla revisione del processo, non esistono nuove prove"

La difesa aveva tentato di far valutare nuovamente il filmato della deflagrazione riprodotto con innovative tecniche utilizzate anche al cinema

La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di revisione della sentenza di condanna per l’esplosione alla Umbria Olii del 2006 in cui morirono quattro persone che stavano lavorando in un silos a Campello sul Clitunno.

Il ricorso era stato presentato da Giorgio Del Papa, amministratore della società Umbria Olii, assistito dagli avvocati Giuseppe La Spina e Giuseppe Valentino, a seguito della sentenza del 22 novembre del 2019 della Corte d’appello di Firenze che aveva dichiarato inammissibile l'istanza di revisione della sentenza del Tribunale di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Spoleto, “dopo aver assolto l'imputato dal reato di omessa adozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, perché il fatto non costituisce reato, e aver dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui all'art. 674 c.p., in ragione dell'intervenuta prescrizione, ha rideterminato la pena nei confronti dell'imputato (anche a seguito di una rivalutazione delle circostanze), in relazione alle residue imputazioni di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e di incendio colposo, stabilendola nella misura di cinque anni e quattro mesi di reclusione”.

La sentenza fiorentina proviene da un rinvio della Cassazione del 2015 “ per la rideterminazione della pena e la conferma delle statuizioni civili, a seguito della dichiarata estinzione per prescrizione dei reati di incendio colposo e lesioni colpose”.

La richiesta di revisione si basava su alcuni nuovi elementi presentati dall’imputato che il giudice non avrebbe tenuto in conto: “i filmati delle telecamere della videosorveglianza rivisti ed esaminati attraverso un sistema tecnico innovativo in uso all'Istituto Luce di Roma che consente di ritenere che l'infortunio, diversamente da quanto affermato dalla Corte di appello di Perugia, sarebbe stato cagionato da un errore tecnico operativo ascrivibile all'impresa appaltatrice e in particolar modo al gruista che, nel ritrarre la fune dalla gru, non avrebbe controllato che la stessa fosse stata sganciata dalla passerella che da terra era stata portata sulla sommità del serbatoio 95 e ivi solidarizzata”.

Il ricorso era accompagnato da una serie di eccezioni, a partire dalla partecipazione delle parti civili “alla discussione senza che ne avessero titolo” fino alla negazione delle garanzie difensive avendo “proceduto ad un giudizio sommario senza aver provveduto al decreto di citazione”, proseguendo con l’omissione della valutazione di una relazione tecnica di parte che esclude “che l'evento sia stato cagionato dalla pretesa saldatura e esplosione alle ore 12,00 in quanto nessuna saldatura era in corso a quell'ora come rilevato dalla nuova visione delle videoregistrazioni con sistemi più avanzati bensì l'esplosione è avvenuta un'ora dopo sul serbatoio 93 e 94 per effetto del calore derivate dall'incendio dell'olio fuoriuscito dal serbatoio 95 perché divelto e lacerato dal gruista a seguito di una manovra abnorme imprevista e imprevedibile”.

Per i giudici di Cassazione il ricorso è inammissibile. In primo luogo perché “una volta introdotta la fase del dibattimento - come nella fattispecie è accaduto - la parte civile già costituitasi nel giudizio conclusosi con la sentenza oggetto della richiesta di revisione” ha diritto a partecipare a tutte le parti del procedimento. In secondo luogo la Corte d’appello ha ben valutato nel giudizio di revisione perché si deve fare riferimento al “quantum” della pena, giacché per sentenza irrevocabile”. Per “prova nuova”, infine, per i giudici “deve intendersi non solo la prova sopravvenuta alla sentenza definitiva di condanna e quella scoperta successivamente ad essa, ma anche quella non acquisita nel precedente giudizio ovvero la prova acquisita, ma non valutata neanche implicitamente”, e in questo caso la prova era già stata considerata e valutata.

Ripercorrendo le tappe dell’incidente, così come ricostruite nel corso dei processi, i giudici di Cassazione hanno dichiarato inammissibile i ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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