Rifiuta il vaccino e viene sospesa dal lavoro, la sentenza è tecnica e non ideologica: "Non si entra nel merito delle convinzioni personali"
Appare chiaro che la sentenza ternana non può essere applicata ad altri ambiti di lavoro (industri e aziende...). Ecco i punti chiavi della decisione del giudice di Terni di rigettare il ricorso dell'operatrice sanitaria
Sta facendo scalpore e divide l'opinione pubblica la sentenza del Tribunale di Terni, sezione Lavoro, emessa dalla dottoressa Michele Francorsi con la quale è stato respinto il ricorso di una operatrice sanitaria, dipendente di una cooperativa Actl News, che era stata sospesa dal servizio, senza stipendio, per aver deciso di non vaccinarsi nel febbraio scorso. Prima la sospensione per due anni e poi la rimodulazione fino alla fine di quest'anno. Sospensione e non licenziamento. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice, ci tiene a precisare - come già spiegato dai vertici della cooperativa nell'emanare il provvedimento in proprio - che non si è entrati nel merito della valutazione personale della lavoratrice sui vaccini e sulla vaccinazione: "il contegno omissivo serbato dalla ricorrente, certamente non rimproverabile a livello soggettivo". E ancora: "Tale determinazione appare scevra da ogni giudizio sui convincimenti personale della lavoratrice".
Ma la decisione è prettamente tecnica ed è riferibile alla possibilità o meno, ai tempi della pandemia, di garantire in sicurezza il servizio rivolto agli anziani, affidati alla cooperativa. Si legge nelle motivazioni: "(La decisione della ricorrente ndr) ha tuttavia reso impossibile la fruizione della prestazione da parte della cooperativa che ha visto frustrato il proprio interesse individuale e che quindi si è legittimamente risolta nel sospendere temporaneamente il rapporto, fino a completa vaccinazione".
In pratica il ritorno al lavoro della operatrice sanitaria ci sarà quando si raggiungerà l'immunità di gregge. Il giudice ha avallato la decisione della cooperativa anche perchè non taglia per sempre il rapporto di lavoro con la propria dipendente. Una decisione drastica che, si evince tra le righe, sarebbe stata respinta perchè penalizzante in maniera eccessiva. "Si ritiene adeguata e proporzionata nella misura in cui non elide istantaneamente e in via irrecuperabile il rapporto ma si limita temporaneamente a sospendere l'efficacia dello stesso".
Ci troviamo di fronte ad una sentenza non ideologica, ma puramente tecnica e legata esclusivamente al mondo dell'assistenza sanitaria a persone considerate fragili ai tempi della pandemia. Non può, come si evincerebbe dalle motivazione, essere applicata in altri contesti lavorativi magari di tipo industriale o artigianale, dove la mansione del lavoratore non ha finalità assistenziali e quindi non mette a rischio, con la mancata vaccinazione, lo svolgimento della mansione e l'obiettivo prefissato dal datore di lavoro. Almeno sulla carta. Ma sono sempre di più gli imprenditori che sono pronti a sospendere o chiedere i danni ai lavoratori no vax. Due i casi in Umbria: Cucinelli e la Tagina di Gualdo Tadino.