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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Umbria, altro crollo delle nascite. Trend negativo da 50 anni. Gli effetti sull'economia. Ecco gli interventi per invertire la rotta

Il nuovo report-analisi di Giuseppe Coco dell'Agenzia Umbria Ricerche. Non si fanno i figli anche per un discorso culturale e non solo economico

Il vero rilancio dell'Umbria? Dati alla mano e analisi sulla scrivania, parte da un punto chiaro, il padre di tutte le sfide: invertire la rotta, da subito, a livello demografico. Una sfida complessa dato che ha diversi aspetti: il primo, le nuove nascite; il secondo, attrarre famiglie e giovani (lavoro, università e qualità della vita); terzo, allungare la vita media dei cittadini. In poche parole arrestare il processo drammatico di "“degiovanimento” che sta colpendo tutta l'Italia ma in particolare una regione come l'Umbria. L'allarme è suonato da tempo e l'Agenzia Umbria Ricerche nei suoi studi socio-economici continua a ribadire che serve quanto prima dare corso ad un piano (decennale) da parte della Regione per evitare il crollo dei territori umbri.

Eh già perchè la demografia è fortemente legata al rilancio economico e all'autonomia stessa della nostra piccola regione. Una popolazione sempre più anziana non risce a sollevarsi e autogestirsi perchè vengono meno chi produce ricchezza, chi lavoro, chi assistenza. Stiamo superando il limite di questo difficile equilibro: "in Umbria gli over 65 sono il 26,2% della popolazione mentre gli under 15 sono il 12%; in pratica, gli anziani sono più del doppio dei più giovani. Nei cinquant’anni che vanno dagli anni Settanta ad oggi abbiamo assistito grosso modo ad un dimezzamento dei nastri che annunciavano nuove nascite e di conseguenza abbiamo accumulato un sostanzioso deficit di “nuovo” capitale umano". L'analisi porta la firma del ricercatore Giuseppe Coco di Aur che ben fotografa quando un piano democrafico sia fondamentale e prioritario quando si parla e si progetta della nuova Umbria post-covid. Nel 2020 sono nate 5.247 persone; nel 2000 il valore era pari a 7.825; nel 1980 si attestava a 10.592 e nel 1971 toccava quota 13.623.In 40 anni abbiamo perso quasi il 60 per cento di nuovi nati.

Sempre nel 2020, secondo la ricerca di Giuseppe Coco, il numero di figli medi per donna si è attestato a 1,15 ovvero il 13,8% in meno rispetto al 2008. Il crollo delle nascite da 40 anni sta producendo effetti molto preoccupanti sulla popolazione e a breve sull'economia:  "La popolazione attiva, quella compresa tra 15 e 64 anni, sta diminuendo a favore della classe di età superiore. Il fenomeno non è privo di conseguenze perché, per produrre ricchezza, oltre al capitale finanziario (un certo ammontare di mezzi monetari) e al capitale fisico (impianti, macchine, ecc.) c’è bisogno di capitale
umano che, in questo caso, significa una certa massa critica di popolazione in età lavorativa. In Umbria, inizia ad essere molto alto sia il peso della popolazione inattiva su quella attiva, sia la percentuale di ultra 65 enni sugli under 15": scrive Coco di Aur.  

Cosa fare? Con onestà bisogna dire che abbiamo attraversato "la soglia di un mondo dove decrescita e invecchiamento della popolazione hanno assunto un trend ormai difficile da invertire". Ma ancora interventi si possono adottare come ad esempio: ridurre drasticamente il fenomeno dei Neet, ovvero di quei giovani che non studiano e che non lavorano; favorire l’autonomia abitativa dei giovani per evitare che si rintanino nella casa dei genitori proprio negli anni più fertili; sostenere economicamente le coppie con figli per spezzare la correlazione tra numero di prole e rischio di cadere in povertà; agevolare l’occupazione femminile e delle madri in quanto solo con la presenza massiccia delle donne nel mercato del lavoro un’economia moderna può davvero crescere; potenziare i servizi per l’infanzia in modo da assicurare in particolare alle donne la possibilità di raggiungere il giusto equilibrio nel binomio casa/lavoro.

La Giunta Tesei ha iniziato ad adottare dei progetti - dal bonus bebè regionale alle politiche attive per i Neet fino ad arrivare ad incentivi importanti per i giovani lavoratori - ma la strada è lunga e servirebbero degli Stati generali sulla demografia. Sarà importante anche intercettare i fondi europei per i territori marginali e spenderli bene. Ma le nuove nascite sono anche un fenomeno cultura e in quanto tale non facile da arginare: non si fanno figli non solo per una questione di prospettive future e reddito. "Un trend che a ben vedere potrebbe non dipendere esclusivamente da fattori di opportunità economica, quanto anche da aspettative individuali che potrebbero, più o meno esplicitamente, orientare le giovani coppie a “sacrificare” il desiderio di avere figli a favore di uno stile di vita che, sinteticamente, potremmo definire urbanizzato": conclude la ricerca Aur. Serve anche riproporre una cultura della vita, di servizio, di comunità. 

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