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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Vendono luce e gas a 2mila clienti, ma si tengono i soldi per yacht, viaggi e vestiti alla moda

In nove sotto processo davanti al collegio per una truffa da oltre 20 milioni di euro finalizzata al mancato versamento delle accise in materia di gas ed energia elettrica

Associazione per delinquere finalizzata ad una serie di delitti tributari, tra cui la truffa ai danni dello Stato finalizzata al mancato versamento delle accise in materia di gas ed energia elettrica. Una maxitruffa nel commercio di gas e luce che ha portato davanti al collegio del Tribunale penale di Perugia nove persone. Secondo l’accusa avrebbero venduto energia e gas a 2mila clienti (che hanno pagato per tre anni le bollette di gas e luce), del tutto ignari che i loro soldi non finivano all’Erario o ai fornitori, bensì in tasca di una associazione a delinquere che ha fatto sparire circa 20 milioni di euro.

Secondo l’accusa ci si troverebbe di fronte a un fiume di denaro e di tasse non pagate, appartamenti, viaggi, barche e auto. Spese pazze con i soldi sottratti dai conti correnti delle società fallite e transitati in altre ditte poi fatte fallire. Da qui l’accusa di bancarotta fraudolenta (documentale e per distrazione) oltre che impropria per operazioni dolose aventi per oggetto due distinte società dichiarate fallite nel 2016 e nel 2017.

L’indagine ha preso il via dal fallimento di un’azienda operante nel settore della commercializzazione di prodotti energetici che, nel corso degli anni, aveva “dimenticato” di pagare sia i fornitori principali che le imposte. Con la complicità di alcuni prestanome, i capitali accumulati grazie ai mancati pagamenti, venivano distratti a favore di alcune società di comodo intestate a teste di legno, riversando il denaro nelle casse degli indagati.

Secondo gli investigatori gli indagati, in qualità di amministratore di fatto o come prestanome, “allo scopo di recare pregiudizio ai creditori tenevano la contabilità” delle varie aziende “in guisa da non permettere la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” dell’azienda fallita. In particolare non depositavano parte della contabilità e della documentazione aziendale, tipo i libri sociali, le scritture contabili obbligatorie, la documentazione bancaria. Oppure facendo in modo da non consegnare al curatore gli “attivi insoluti o protestati” e i “beni strumentali”, come nel caso della auto aziendali (Audi, Bmw, utilitarie e mezzi furgonati) che sparivano nel nulla o venivano venduti, senza che i proventi transitassero nei conti aziendali. Stesso destino per alcune imbarcazioni del valore di 140mila euro, finte in Croazia. Un’altra imbarcazione veniva acquistata da uno dei sodali al prezzo di 50mila euro e rivenduta ad una loro società a 100mila euro.

Nel 2018, oltre alle misure cautelari nei confronti di alcuni indagati, era scattato anche il sequestro preventivo di oltre 29 milioni di euro e delle quote di due società in cui sarebbe stata reinvestita parte dei proventi dell'attività illecita.

La Procura contesta anche il mancato pagamento di Irpef, addizionali comunali e regionali e imposte varie per diversi milioni di euro. Mentre i bonifici di pagamento e sottrazioni di denaro dai conti risulterebbero “non contabilmente giustificati” o al massimo con la dicitura “pagamento fatture”.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Michele Morena, Pietro Gigliotti, Giovanna Corrias Lucente, Maria Claudia Ioannucci, llaria lannucci, Maria D’Addabbo, Francesco Areni, Laura Modena, Riccardo Petroni, Franco Libori, Sabrina Pasquini, Stefano Bordoni e Riccardo Vantaggi. L’avvocato Eugenio Baldinelli rappresenta una parte civile.


 

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