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LA STORIA La vita inizia a 22 anni dopo prostituzione e stregonerie. Il giudice: "Sì al permesso di soggiorno umanitario"

Una storia di violenze, ma anche di coraggio. La giovane 22enne vive ora in provincia di Perugia ed è pronta a ricominciare una nuova vita. Ecco la sua battaglia

Costretta a prostituirsi dalla famiglia nigeriana, incastrata dai trafficanti di droga e ora finalmente libera di poter ricominciare una vita lontano da un passato violento. E’ la vicenda di una giovanissima nigeriana di 22 anni, a cui il giudice del tribunale civile di Perugia ha riconosciuto  la protezione internazionale dopo che la stessa era stata rigettata dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Firenze, sezione Perugia. Il giudice Federico Fiore, dopo aver valutato la vicenda della giovane, le ha riconosciuto la protezione sussidiaria, uno "status", al pari di quello di rifugiato, che viene richiesto qualora il richiedente rischi di subire un grave danno nel caso di rientro nel proprio paese. Soddisfazione espressa anche dal legale della 22enne, che ora vive in provincia di Perugia grazie al programma di accoglienza.

Attraverso il suo avvocato, Matteo Silvestri, la giovane ha  presentato ricorso, impugnando la decisione della Commissione Territoriale di Firenze. Una storia difficile, quella di questa giovane donna: tutto inizia dopo la morte del padre, avvenuta nel 2015. E' la stessa "matrigna" a proporle di andare a vivere in Russia da sua sorella, che si era arricchita facendo la prostituta. Al suo netto rifiuto, viene lo stesso trascinata dalla madre e dalla zia da un “native doctor” affinchè giuri solennemente di restituire i soldi che la zia aveva anticipato alla propria matrigna, sotto minaccia del rito wodoo. Lei però scappa, non riesce a concepire una vita da schiava del sesso, e riesce a trovare riparo a casa del fratello di un'amica a Lagos.

Da quel momento in poi, una serie di eventi drammatici segneranno la sua vita, per sempre. Colui che la sta ospitando in casa, le chiede dunque un favore affinchè lei possa sdebitarsi: ritirare un pacco in Libia contendente generi alimentari. A sua insaputa il pacco in realtà contiene droga e lei viene arrestata, Dopo alcuni giorni, viene liberata da un poliziotto libico che le offre un lavoro come domestica. Ma secondo lo straziante racconto della giovane, l'uomo l'avrebbe abusata sessualmente. Scappa ancora, questa volta per l'Italia. Ha bisogno di correre, scappare, allontanarsi da quello spiraglio di violenza che la sta risucchiando. Arriva nel nostro paese nel 2016, facendo richiesta della protezione internazionale. 

Ovviamente occorre che il richiedente presenti tutta la documentazione che possa provare la sua reale condizione per poi essere giudicata attendibile da riscontri oggettivi. Scrive il giudice:" Passando all’esame del merito si deve ritenere che i fatti esposti dalla donna raggiungono una valutazione complessivamente positiva per quanto attiene la loro attendibilità e verosimiglianza sulla base dei parametri definiti e quindi valutati nel particolare contesto del paese di provenienza. Per il giudice tutto il vissuto della donna, dalla fuga del rito sacrificale  al suo coinvolgimento, suo malgrado, in un traffico di sostanze stuepefacenti fino agli abusi subiti dall’uomo che l’aveva ospitata in casa per lavorare, appaiono attendibili e “testimoniano il suo travagliato percorso di vita, non ravvisandosi, come sembrerebbe ipotizzarsi nel provvedimento impugnato, il tentativo della ricorrente di prospettare ulteriori e diverse circostanze ai fini dell'ottenimento della protezione internazionale.

La giovane ha sempre ribadito, anche dinanzi al giudice, di non poter far ritorno nel proprio paese perchè altrimenti sarebbe costretta dai propri familiari a prostituirsi per conto della zia "in ragione dell'investimento economico da questa effettuato e dall'essersi sotratta con la fuga al giuramento con rito wodoo. Tutti elementi tipici adottati all'interno delle organizzazioni criminali dedite alla tratta umana delle nuove schiave del sesso.

Secondo la relazione dell'Easo- Coi - Nigeria, la tratta delle donne ai fini sessuali (datata ottobre 2015), "la maggior parte delle vittime di tratta viene da Benin City (terra d'origine della giovane, ndr), e spesso, nelle aree rurali, sono gli stessi genitori a fare pressione sulle figlie affinchè contribuiscano al sostentamento della famiglia". Ora la 22enne ha vinto la sua battaglia. Potrà ricominciare una nuova vita.

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