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Giulia (28 anni) è affetta da sarcoma di Ewinga: sta male, ma c'è una speranza...costosa. "Aiutami a pagare la cura. E' l'ultima possibilità"

"I tempi sono molto stretti quindi vi chiedo di iniziare subito a darmi il vostro aiuto". In 24 ore oltre 2mila donazioni

Quando ho ricevuto la diagnosi ero in un certo senso “preparata”. Questo perché nei giorni precedenti i medici avevano accennato al fatto che fosse un tumore ed è in quei giorni che ho passato il “momento di sconforto” dove non volevo accettare la diagnosi e non riuscivo a capacitarmi che questo potesse succedere a me. Nei giorni successivi, una volta tornata a casa dall’ospedale, ho cominciato a vivere in una specie di “calma”, come se niente poteva toccarmi, mi ripetevo che “se doveva succedere allora mi sarei dovuta rimboccare le maniche e affrontare il toro per le corna”. Così il giorno in cui la dottoressa mi ha comunicato la diagnosi ero pronta ad affrontare ciò che mi aspettava. I miei genitori ed il mio ragazzo si sono stupiti della mia tranquillità, mi ricordo come fosse oggi che Emanuele al telefono mi disse: “Ma stai bene? Come fai a comunicarmi questa notizia ed essere così tranquilla?”. Io però lo ero davvero perchè sapevo che se volevo vivere dovevo combattere e con me stessa non ammettevo pensieri diversi.

I miei genitori,Emanuele e i mie fratelli, si sono visti crollare il mondo addosso, non me lo hanno mai detto esplicitamente sicuramente per non farmi preoccupare, però erano davvero sconvolti da questa notizia. Allo stesso tempo di fronte a me apparivano forti perchè sapevano di dovermi dare la forza di combattere. Ognuno ha reagito a modo suo ad esempio mia mamma è un pò la colonna portante della famiglia, anche se internamente è abbattuta, da fuori appare sempre molto forte e combattiva. Mio papà è la parte emotiva, apparentemente sembra aver ricevuto il colpo più duramente, ma solo perchè riesce poco a nascondere i suoi sentimenti. Entrambi mi hanno dato la loro parte per affrontare tutto ciò e lo hanno fatto e lo stanno facendo attraverso la preghiera (perchè cattolici molto credenti). Da quando ho ricevuto la diagnosi, anzi dalla prima volta in cui sono stata ricoverata, il mio rapporto con Emanuele si è rinsaldato ancora di più.

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