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I tarocchi al telefono non sono una truffa, ma la pubblicità dei costi deve essere chiara e ben visibile

Una maga si rivolge al Tribunale amministrativo contro la decisione della Questura di chiudere l'attività di cartomanzia. E la spunta (con qualche precisazione)

Il Questore di Perugia impone la cessazione dell’attività di servizio telefonico di cartomanzia esercitata “illecitamente”, in violazione del Testo unico di pubblica sicurezza laddove è previsto un “abuso della credulità popolare e/o della loro ignoranza”.

La titolare del servizio di cartomanzia telefonica si rivolge al Tribunale amministrativo ritenendo eccessiva la decisione della Questura ritenendo che “l’attività di cartomanzia non risulta in sé e per sé illecita”. Secondo la titolare “l’attività di cartomanzia viene esercitata ed in cui prestano servizio vari collaboratori con regolare contratto di lavoro, sono state riscontrate dagli agenti accertatori le modalità con cui detta attività veniva effettuata ovvero mediante chiamata da parte dei clienti e successivo addebito della telefonata oppure in alternativa con altro numero e pagamento anticipaCaertomanziato tramite carta di credito”, ma senza utilizzare “metodi truffaldini ovvero con abuso dell’ignoranza e della credulità dei terzi”.

Secondo i giudici amministrativi nel richiamato Testo unico di pubblica sicurezza è vietato “il mestiere di ciarlatano”, ma la cartomanzia risulta vietata dall’ordinamento, quindi sarebbe lecita. Semmai sarebbe il Codice del consumo a monitorare i “servizi di astrologia, cartomanzia e assimilabili”, ma solo per quanto riguarda “quelle comunicazioni che ... siano tali da indurre in errore o sfruttare la credulità del consumatore”.

E dal provvedimento del Questore non si evince che “l’attività svolta dalla ricorrente fosse esercitata con modalità truffaldine o comunque idonee ad abusare della credulità popolare”. Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della decisione del questore.

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