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Cronaca

Invita a sparare ai ladri su Fb, gli tolgono subito tutte le armi: il Tar conferma il ritiro

La sua foto, arma in pugno, appare su Facebook e poco dopo i carabinieri si presentano a casa e gli tolgono fucili, pistole e licenza di caccia. Il Tar dell'Umbria boccia il ricorso: ecco perchè

Pubblichiamo l'ottimo articolo di Umberto Maiorca, giornalista perugino, sulla sentenza del Tar dell'Umbria che farà molto discutere in un periodo storico dove sempre più cittadini pretendono il diritto a difendersi, anche con le armi, se rapinatori e ladri assaltano (la piaga dei furti in Umbria è drammatica) le proprie abitazioni.

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DI UMBERTO MAIORCA

"Uccidono i cani per rubare. Sparate ai ladri". La sua foto, arma in pugno, appare su Facebook e poco dopo i carabinieri si presentano a casa e gli tolgono fucili, pistole e licenza di caccia. Decisione corretta anche secondo i giudici del Tribunale amministrativo ai quali si era rivolto l'uomo, assistito dagli avvocati Nada Lucaccioni e Marco Baldassarri.

L'uomo aveva impugnato il provvedimento della Prefettura di Perugia "recante divieto di detenzione di armi e munizioni" a seguito della "segnalazione da parte della Compagnia dei Carabinieri di ..., traente origini dal fatto che nel suo profilo Facebook, con riguardo al tema dell’uccisione di cani allo scopo di commettere furti nelle abitazioni nella zona di ..., è stata pubblicata una sua foto che lo ritrae con una pistola in pugno e con l’invito a farne uso". 

Un provvedimento che non sarebbe mai stato comunicato per tempo, emesso senza motivazioni precise del provvedimento e in "eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti". La sola fotografia "che lo ritrae con una pistola in pugno, con invito a farne uso" non consentirebbe "una valutazione della personalità e non costituisce di per sé indice di inaffidabilità di un soggetto che non è mai stato denunciato e non ha procedimenti penali pendenti" scrivono gli avvocati.

Secondo i giudici amministrativi "il provvedimento prefettizio rientra sicuramente tra gli atti caratterizzati da particolari esigenze di celerità, per i quali può essere omessa la comunicazione di avvio del procedimento" e che la celerità è "in correlazione con l’apprezzamento, sotto il profilo del pericolo dell’abuso, di una determinata condotta, purché significativa, nella sua connotazione, di una prognosi sul pericolo di abuso". 

Sulla foto del profilo  Facebook i giudici del Tar hanno sottolineato come "il divieto di detenzione d’armi, avendo la finalità di prevenire la commissione di reati e di fatti lesivi dell’incolumità pubblica, non necessita che l’abuso da cui fare derivare il provvedimento si sia effettivamente verificato, essendo sufficiente che sussista una situazione di potenziale pericolo" e l'autorità di polizia "nella sua discrezionalità può ritenere valutabili anche quei comportamenti che, pur non integrando responsabilità penali, facciano ritenere che sia venuto meno il requisito dell’affidabilità». 

Di fronte «a forme di “autotutela” della proprietà privata" non si può pubblicare "una foto con la pistola in pugno e l’invito a farne uso" il giudice amministrativo non può che seguire quanto previsto dalle leggi che regolano l'uso e la custodia delle armi, al fine di "cautelare e prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, ragione per cui non occorre un obiettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente la sussistenza di una o più circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso". Da qui il rigetto del ricorso e la condanna alle spese processuali.

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