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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Le polemiche fanno bene al Palio: altra sala piena per la biografia di Braccio

Alla Sala Sant'Anna è andata in scena la biografia ufficiale del condottiero, Vita et res gestae, scritta da Giannantonio Campano nel 1458

Il professor Claudio Finzi, professore ordinario di "Storia delle dottrine politiche" nell'Università di Perugia ha condotto, ieri pomeriggio, il pubblico della Sala Sant’Anna alla conoscenza della figura di Braccio Fortebracci secondo quella che è la biografia ufficiale del condottiero, Vita et res gestae, scritta da Giannantonio Campano nel 1458. Una ricostruzione letteraria che del Fortebracci mette in evidenza non solo l’aspetto storico, in rapporto alle vicende che lo videro protagonista, ma anche le sfumature del suo carattere, del pensiero, del modo di affrontare le vicissitudini militari e di governo cittadino.

E’ stata la terza delle conferenze organizzate per accompagnare l’arrivo di Perugia 1416, dopo quella di Cardini all’Università per Stranieri, seguita da quella di Morganti alla Sala dei Notari. Questa di Finzi è un ulteriore approccio alla figura di Braccio, ma anche dello stesso Campano, uno dei protagonisti del XV secolo. “Non dei più grandi, questo è vero, -sono le parole di Finzi- ma neppure trascurabile, in considerazione dei suoi scritti e della sua stessa attività ecclesiastica e politica.” Si ricostruiscono così le due figure, quella del guerriero impavido, còlto nella sua psicologia, ma anche del narratore colto, che partecipò alla vita politica del tempo.

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Giovanni Antonio Campano fu a Perugia per sette anni dal 1452 al 1459, prima come studente poi come professore nell'università cittadina. Vi giunse quasi per caso, costretto dalle traversie incontrate, mentre cercava di raggiungere Siena. Ma non vi giunse sprovveduto e isolato, poiché qui già insegnava il medico Nicola Rainaldi, sulmontino, che era stato suo maestro a Napoli. Benché i primi tempi gli fossero piuttosto duri, non troppo tardi il Campano entrò come precettore in casa Baglioni. I rapporti erano certamente già allacciati nella primavera del 1455. Nell'autunno dello stesso anno il nostro ebbe la cattedra di oratoria.

La vita che egli scrisse di Braccio Fortebraccio nacque come atto di omaggio e ringraziamento per la famiglia, che tanto lo aveva aiutato, cioè i Baglioni, che con i Fortebracci erano imparentati. A scriverla fu incitato da molti amici, primo fra tutti Pietro di Giovanni Bisoccheto, come ci narrano il principale biografo antico del Campano e lo stesso Campano in una sua lettera. L'opera era compiuta ai primi di ottobre del 1458. “Da allora -dice Finzi- questa biografia continua a far parlare di sé. Lo stesso Pompeo Pellini la tradusse in italiano insieme a quella del Piccinino” 

Scrittore fecondo, Campano ha lasciato, tra l'altro, lettere, orazioni, poemetti, epigrammi, una descrizione del Trasimeno. E altre due biografie, oltre quella di Braccio: di Pio II e di Federico da Montefeltro. Uomini, come spiega lo stesso professore, che sono un modello di gloria, un tema particolarmente importante a quell’epoca. Braccio Fortebracci, per il Campano era, peraltro, un uomo dalle grandi capacità, che aveva senza dubbio desiderio di dominio, non solo per se come singolo, ma per la città di Perugia. 

La sua idea della vita militare era la supremazia della razionalità sugli impulsi, della strategia che non miete vittime inutili, del senso dell’onore e del rispetto. In lui -da quanto racconta Campano e con lui Finzi- troviamo forte il senso della patria, che in quel periodo era assai comune e che, agli occhi del suo biografo, lo legittima anche a farsi signore della sua città per sedare gli odi antichi e riportare la pace. 

Certo è che non vi può essere gloria duratura se non “scritta sulla pietra”, ovvero con la realizzazione di grandi opere a ricordare chi le ha volute e fatte costruire. E così Braccio fa realizzare le Logge e le Briglie che, in centro storico, ancora portano il suo nome, fino all’Emissario del Trasimeno nella Valle del Caina.

Anche per Braccio arriva, però, il momento della decadenza. “La sua fine -sostiene Finzi- è la negazione di tutta la sua vita. Compie errori e azioni che inducono a pensare, con il Campano, che egli fosse così sicuro di sé e della sua fortuna da sfidarla”. La sua morte resta avvolta nel mistero, ma la sua fama continua nel tempo. Al termine della conferenza anche l’assessore Severini ha voluto sottolineare come, grazie a questi appuntamenti, le tante curiosità riguardo a questo personaggio sono sicuramente soddisfatte. Su di lui si sta facendo chiarezza e conoscenza come in poche occasioni è stato possibile. Il prossimo incontro sarà, quindi Giovedì 17 marzo, sempre alle 17,30 e sempre alla Sala Sant’Anna con la dott.ssa Stefania Zucchini che parlerà di Città e Università fra tardo Medioevo e prima Età Moderna.

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