STORIE INFERNALI "Mi ha distrutto la vita e il cuore: donne ribelliamoci agli amori malati"
Intervista a una donna vittima di stalking da parte del compagno. L'uomo è stato già condannato due volte, si è di nuovo tornati in aula per processo a suo carico. Il suo appello tramite Perugiatoday.it
“Non mi fermerò”. Lo sguardo è fermo. La voce decisa. Le parole scorrono lente mentre una stanza stracolma di gente fa da contorno. Lei ha perso tutto. Ha perso la casa, il lavoro, la libertà, ma soprattutto ha perso la “capacità di amare ancora”. Ma nella vita ci vuole coraggio. E lei lo trova anche oggi, decidendo di tornare in aula, accompagnata dal suo legale Eugenio Zaganelli, per l'ennesimo processo aperto a carico del suo stalker, già condannato due volte per averle di fatto reso la vita un inferno. Ma uscita dall'aula racconta la sua storia con l'unica speranza di essere un esempio per tutte quelle donne che ancora rimangono schiave di mariti, fidanzati o compagni violenti.
“Mi ha perseguitata per dieci anni senza tregua. Mi ripeteva continuamente che non valevo niente, che facevo schifo”. Frasi urlate tra le mura di casa, forse, pronunciate con l'unico intento di renderla insicura e di conseguenza inoffensiva. Ci vuole un lungo arco di tempo prima che la vittima trovi il coraggio di ribellarsi a quella violenza psicologica. Lui bello, distinto e apparentemente tranquillo, l'ha corteggiata per ben cinque anni. “Poi alla fine me ne sono innamorata”, ammette quasi rabbiosa.
La storia quindi inizia, comprano una villa a Deruta, e tentano di costruire un rapporto solido. Ma ben presto l'indole di lui emerge definitivamente. Le umiliazioni fanno da colonna sonora a una storia che da romantica si tramuta in sofferenza pura, almeno per lei.
“Alla fine l'ho lasciato nella speranza che tutto finisse”. Ma non termina nulla. La situazione diviene insopportabile. Iniziano i pedinamenti, le offese, le telefonate e la violenza fisica. Lui viene arrestato due volte, ma viene subito rilasciato. Nella prima occasione resta in carcere per soli due giorni, mentre nella seconda viene rinchiuso in cella per una settimana. Il divieto di avvicinamento alla preda non giova. Una misura troppo “leggera” per chi ha l'odio iniettato nel cuore. “Ci vorrebbero delle misure più pesanti, qualcosa che proteggesse veramente la vittima prima che sia troppo tardi”. Parole vere che riportano alla mente casi come quello di Raffaella Presta, la donna uccisa dal marito a colpi di fucilate.
“Non ne potevo più. Sono stati anni drammatici”. Anni in cui si è sentita sola, senza protezione e senza la possibilità di vivere il quotidiano della vita. “Avevo paura di trovarlo ovunque. Una volta, mentre ero in compagnia del mia avvocato mi ha persino tirato un bicchiere in faccia con la speranza di prendermi. Per fortuna che sono riuscita a schivarlo. Ci ha urlato contro frasi atroci”. Ci sono poi quelle lettere, in cui lui scrive le frasi più ignobili, ma nessuno si prende la briga di effettuare una perizia calligrafica. “Vorrei che si facesse di più. Vorrei che nessuno venisse lasciato solo. Io ho perso tutto, ma la cosa che mi fa soffrire di più è di aver perso la fiducia negli altri esseri umani”.