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Cronaca

Umbria, la Polizia ai genitori: "Sui social ecco come dovete difendere i vostri figli"

Sono sempre più i ragazzi che rimangono vittime di cyberbullismo o di violenze sessuali sui social network, ma adesso la responsabilità non è solo degli aggressori, ma anche dei genitori della vittima

Viene definito in gergo tecnico “cyberbullismo”. Semplice, efficace ed estremamente pericoloso. Un gioco che può rovinare, non solo l’autostima di un adolescente, ma portarlo a gesti estremi. Con i social network, infatti, le relazioni pericolose hanno più probabilità di svilupparsi e di coinvolgere i minori. E sono proprio loro che hanno maggiore necessità di essere tutelati e protetti.

L'Umbria non è da meno. Sono sempre più i ragazzi che accedono alla rete e rimangono vittime di violenze psicologiche perpetrate il più delle volte tramite Facebook. Ma qualcosa sta cambiando. Se, infatti, prima i genitori non avevano alcuna responsabilità in merito, adesso il magistrato che indaga su fatti simili, può decidere di segnalare i genitori al tribunale dei minori, per valutare l’idoneità della potestà genitoriale per mancata vigilanza.


Quindi, il comportamento dei genitori, nel lasciare liberi i figli di utilizzare internet senza limiti e controlli, può originare due situazioni gravi. “La prima – come specificato nel sito internet della polizia di stato - è che il minore può subire la volontà di un adulto approfittando della vulnerabilità della vittima e della scarsa presenza della famiglia; la seconda è che i genitori possono veder messa in discussione la potestà sui propri figli e comunque potrebbero essere affiancati dagli assistenti sociali”.

Un provvedimento che non riguarda quindi solo il cyberbullismo, ma anche tutti quei legami che nascono sulla rete e che troppo spesso portano a richieste sessuali. Tra questi ricordiamo il caso di un cinquantenne, spoletino, imputato per tentata violenza sessuale ai danni di due minorenni. I fatti, approdati in questi giorni in aula, risalgono al novembre del 2011 e al luglio del 2012. In base alla tesi accusatoria, l'uomo avrebbe adescato su Facebook le due ragazzine, chiedendo loro di avere rapporti sessuali. Secondo il pm Patrizia Mattei, l'uomo avrebbe approfittato della sua professione, quella di educatore, per riuscire a stabilire un contatto con le due minorenni, e solo in seguito avrebbe chiesto loro l'amicizia su Facebook, per poi passare in breve alle richieste sessuali.

È, anche, in episodio del genere che il magistrato può chiedere una responsabilità genitoriale per assenza di controlli sul minore. Responsabilità che non viene certo a meno quando invece è il proprio figlio a usare Facebook come arma, rubando identità altrui, creando profili falsi e tentando di uccidere socialmente la vittima di turno.


Il consiglio è quello di adottare cautele come quello di inibire l’uso di internet sul cellulare o consentirne l’accesso solo da casa da dove si può verificare la navigazione. 
Si può avere fiducia nei propri figli ma bisogna considerare che ci sono persone senza scrupoli che sono molto abili ad approfittare delle loro debolezze e della loro fisiologica immaturità.

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