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Cronaca

Sindrome delle apnee ostruttive, l'Usl 1 lancia la telemedicina per i disturbi respiratori nel sonno

Una patologia che nella maggior parte dei casi viene curata tramite l’uso della protesi CPAP (Continuous Positive Airway Pressure, pressione positiva continua delle vie aeree).

Il servizio di Riabilitazione Respiratoria e Prevenzione Tisiopneumologica dell'USL Umbria 1, con sede al Centro servizi Grocco di Perugia, è stato il primo in Umbria ad aver attivato durante il periodo pandemico un servizio in telemedicina per circa 80 pazienti affetti da disturbi respiratori nel sonno, una patologia che nella maggior parte dei casi viene curata tramite l’uso della protesi CPAP (Continuous Positive Airway Pressure, pressione positiva continua delle vie aeree).

In Umbria su una popolazione residente, di fascia di età compresa tra i 30 e gli 80 anni, di 574.496 persone (277.376 uomini e 297.120 donne) – sono circa 2.256 le protesi attive tra CPAP e APAP (Automatic Positive Airway Pressure, pressione positiva automatica delle vie aeree) erogate dal Servizio Sanitario Nazione e dal mercato privato, di cui 1.499 gestite dall’Usl Umbria 1, per il trattamento di coloro che soffrono di OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) o sindrome delle apnee ostruttive.  Un numero troppo basso se si considera che in Italia sono 230.000 le protesi attive (fonte CERGAS 2019 e AIPO 2015) e che la stima della prevalenza nazionale si attesta al 12 per cento della popolazione che presenta una patologia moderata legata ai disturbi del sonno. In Umbria, quindi, dovrebbero essere circa 69mila i casi accertati, mentre quelli attuali rappresentano solo l’1 per cento in termini assoluti.

“Questo controllo costante – ha spiegato la dottoressa Girolmina Crigna, referente del servizio e presente nel registro nazionale degli esperti – ci è utile sia per lo studio di titolazione, ossia per la ricerca della pressione utile a vincere gli eventi ostruttivi, sia per il follow-up, permettendoci di identificare e affrontare problematiche di aderenza, inerenti al corretto posizionamento delle maschere ed a valutare l'efficacia terapeutica. Avvalendoci della possibilità di contattare telefonicamente i pazienti, in questi mesi abbiamo fornito supporto motivazionale e consigli per la risoluzione dei problemi. Infine,  attraverso la possibilità di modificare da remoto i parametri, ed intervenendo in maniera immediata per assicurare l’efficacia del trattamento, abbiamo potuto evitare numerose visite ambulatoriali con conseguente e rilevante contenimento dei costi e con soddisfazione dei pazienti”.

Si stima che fino al 30 per cento dei pazienti con indicazione al trattamento lo rifiuta fin dall’inizio mentre la percentuale dei pazienti che fanno uso di una protesi e che l’abbandona dopo il primo anno è mediamente del 25 per cento, determinando una compromissione degli outcome clinici, e che solo il 50 per cento dei pazienti la continua ad utilizzare dopo un anno e comunque con un tempo di utilizzo inferiore a quello necessario. “Tra le cause più frequenti di abbandono sono da annoverare – prosegue la dottoressa Crigna – il fastidio eccessivo per la pressione dell’aria, la presenza di claustrofobia o eccessivi livelli di ansia, l’interfaccia inadeguata e la congestione nasale. La telemedicina con quotidiano controllo da remoto consente di portare direttamente presso la casa del paziente, con una semplice telefonata o modifica da remoto dei parametri di ventilazione, il servizio dello specialista, migliorando cosi la qualità dell’assistenza e garantendo la continuità delle cure; inoltre il suo utilizzo potrebbe aumentare l’aderenza al trattamento per l’attenzione immediata a possibili effetti collaterali e per la risoluzione tempestiva dei problemi. Inoltre il paziente, essendo a conoscenza del telemonitoraggio, risulta essere più motivato all’utilizzo del dispositivo medico”.

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