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Cronaca

Commissione d'inchiesta, i sindacati di polizia (tranne l'Ugl): Valutare apertura di un Centro Espulsione

Sempre i Centri d'identificazione ed espulsione al centro del dibattito sulla sicurezza. I sindacati di polizia in audizione alla Commissione d'inchiesta regionale hanno chiesto una nuova strategia per combattere la clandestinità legata allo spaccio

Siamo agli sgoccioli per l'inchiesta della Commissione regionale, presieduta dal consigliere Paolo Brutti, sul "Analisi dei fenomeni di criminalità organizzata e tossicodipendenze", oggi, 10 ottobre, c'è stata l'audizione, nella Sala Valnerina di Palazzo Cesaroni, dei sindacati di Polizia, Siulp, Ugl, Consep e Sap, che hanno esposto in maniera quasi definitiva il quadro delle attività criminose legate allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti.

I punti centrali dell'audizione sono sostanzialmente legati al fenomeno della droga e a quello dei clandestini. Come richiesto dai consiglieri l'analisi è stata molto vasta, dallo spaccio di strada alle sovrastrutture delle grandi organizzazioni criminali, dal cambio di mercato alle differenze tra tossicodipendenze e consumo, dal clandestino agli strumenti per l'espulsione, fino alle considerazioni del perché la città di Perugia sia diventata un centro criminoso meritevole di tanta attenzione.

La polizia ha comunque precisato come la situazione perugina sia particolare, sebbene le grandi mafie italiane non siano presenti in maniera radicata sul territorio che invece, da un punto di vista criminale è legato alle mafie Nigeriane e Albanesi. Tali organizzazioni si sono strutturate nel tempo in maniera complessa. Altra situazione è quella legata a gruppi di bande di tunisini (nazionalità del 90% degli spacciatori sulla piazza perugina), che piano stanno costruendo una vera e propria gerarchia criminale che, se no fermata sul nascere, potrebbe creare problemi ancor più difficili da risolvere.

I problemi restano quelli di sempre e salvo il sindacato Ugl di Polizia, le altre sigle hanno messo sul tavolo la necessità dello strumento Cie, da organizzare però in maniera diversa con delle quote regionali in base alle necessità specifiche di un territorio. Per Massimo Pici del Siulp: "E' inutile mettere in carcere un clandestino, visto che il sistema carcerario è concepito per il reinserimento nella società del soggetto. Il clandestino in questione, non identificato, non ha necessità di essere recuperato in società e torna a delinquere. C'è bisogno di rafforzare il principio della regole, ben venga l'accoglienza ma con le regole".

Secondo i dati forniti dai sindacati infatti, nel carcere di Capanne il 60% dei detenuti è straniero clandestino, e sono molto basse le percentuali dei soggetti arrestati e poi espulsi proprio per mancanza di posti nelle varie strutture Cie sparse sulla penisola. Per Antonio Errigo del Consap: "fare un Cie è necessario, visto che siamo al top del fenomeno. Molti sono i problemi che creano un meccanismo che s'ingolfa, il sistema giudiziario non riesce a sopportare i numerosi processi di persone arrestate anche 4 volte in un anno, per non parlare del sovraffollamento delle carceri".

Contrario invece al Centro Espulsione il rappresentante dell'Ugl, Granocchia, per il quale "istituire un Cie in Umbria porterebbe ulteriore degrado, considerato il fallimento delle altre strutture in Italia che hanno solo il 50% delle persone accompagnate in questi centri che vengono poi espulse, lasciando quindi il restante 50% di nuovo libero nel territorio"

E' proprio da questa consapevolezza del fenomeno che la politica ha deciso di ripartire, ammettendo, con la fine dell'inchiesta, che il problema esiste, è ampio e va affrontato con ogni mezzo e che probabilmente questa sua espansione è dovuta anche ad una sottovalutazione fatta in passato da politica e società civile.

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