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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Schegge di Antonio Carlo Ponti | Aprile crudele: La ribellione dei “Fragili”

Anche la terminologia e il lessico sono importanti nella vita; viviamo sì d’immagini (dentro la civiltà dello spettacolo di Guy Debord, 1967) e di suoni, ma le parole contano eccome: word matter lives, la materia-parola vive, parafrasando il black matter lives, ma la strage di afroamericani continua. All’esimio linguista e filologo professor Attilio Bartoli Langeli, uno dei miei venticinque lettori (ma basta! lo sai che sono quaranta) non va giù la parola “fragilità” usata in tutte le salse e tirata per la giacchetta, come distanziamento sociale, attimino, assolutamente, di questo ne parliamo dopo, rùbrica, ingegnere èdile e altre delizie consimili.

Caro Carlo, mi dice, siamo Fragili, ecco a voi un Fragile, parola dove vedo un po’ di politicamente corretto e molto di conformismo becero e rinunciatario. Caro Attilio, che tu sia “bene-dictus“, ma chi ascolta i parlanti? Ognuno ascolta solo sé stesso in un solipsismo, in un narcisismo oramai immarcescibile. Oramai non si dice più, rilevi, vorrei parlarvi di, ma vorrei condividere con voi, salvo poi mettere mano alla pistola come quel nazista (bruciatore di libri) quando sentiva pronunciar la parola cultura. Ma non vorrei, scrivi, che subentri il Vulnerabile, allora irato aggiungi: «unisciti, uniamoci a invocare un “sono malato, infermo, malesano, sofferente, indisposto, paziente, malandato, guasto ma fragile no!» Non siamo immemori di quella mistificazione scespiriana (anche Shakespeare non solo Omero talvolta sonnecchia): Fragility, thy name is woman (fragilità il tuo nome è donna) e allude Amleto non a Ofelia ma alla madre adultera e uxoricida. 

È passata da poco la Pasqua ma non v’è segno di resurrezione, i morti ormai sono casse da macello, a Palermo se ne dimenticano come cassette della frutta vuote, marciscono sotto la pioggia come canta Thomas Stearns Eliot in “The Waste Land” (La terra desolata) nel capitolo I “The Burial of the Dead” (Il seppellimento dei morti): «April is the cruellest month, breeding / Lilacs out the dead land, mixing /Memory and desire, stirring / Dull roots with spring rain.” ( Aprile è il più crudele dei mesi, genera / lillà dalla morta terra, mescola / ricordo e desiderio, stimola / le sopite radici con la pioggia primaverile. 

Traduzione di Mario Praz). La poesia non è difficile, basta mettere le parole giuste al punto giusto. Lo sanno perfettamente il caro Attilio Bartoli Langeli padrone della lingua e lo psicoanalista Massimo Recalcati che così scrive nel giudicare (lo sto leggendo ed è prezioso) il romanzo di Andrea Bajani “Il Libro delle case”: «La parola scava ferisce demolisce apre scardina lacera smuove genera vita».

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