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Cronaca

Uno scandalo antico riemerge a Perugia: "Altro che schiaffi, fu mio zio, Oscar Luigi Scalfaro a rimediare due bei ceffoni"

Il cosiddetto «scandalo del prendisole» risale al 20 luglio 1950. Una donna con abiti molto "ridotti" al ristorante e un futuro presidente della Repubblica che non ha gradito quella mancanza di pudore.... la testimonianza in esclusiva del dottor Beniamino Scalfaro

“Altro che menare schiaffoni a una signora, cosa che non si sarebbe mai permesso. A buscarle fu invece mio zio Oscar Luigi che rimediò ceffoni, con la scusa della sfida a duello”. Parla il dottor Beniamino Scalfaro, apprezzato personaggio, perugino d’adozione, che Perugia Today presentò (in un fortunato servizio) come inventore della formula elettorale della “par condicio”.

Riassumiamo la vicenda, entrata a far parte della storia del costume e… di quella del cinema, come ci ricorda il critico e storico della decima musa Fabio Melelli. A quell’episodio s’ispirò anche Federico Fellini in un suo film in cui si presenta Peppino De Filippo, bacchettone, ossessionato dalla popputa Anita Ekberg che propaganda il consumo del latte mettendo in vista la propria naturale “latteria”.

Ecco i fatti. - Il cosiddetto «scandalo del prendisole» risale al 20 luglio 1950. A Roma fa un caldo bestia e, in una pausa dei lavori parlamentari, si reca a pranzo nel ristorante “Chiarina”, di via della Vite, il trentaduenne sottosegretario Scalfaro, insieme a due amici. L’onorevole nota, seduta a un tavolo con accompagnatori, una signora che a un certo punto si toglie la giacca rimanendo con le spalle nude. Il politico – questo recita la vulgata – le urla: «È uno schifo, una cosa abominevole! Lei manca di rispetto ai presenti. Se è (s)vestita così, deve essere una donna poco onesta!». Una versione più integralista riferisce che il futuro presidente della Repubblica le avrebbe addirittura ammollato un ceffone. O forse due. Certo è che Scalfaro sollecitò l’intervento della forza pubblica. La signora, per parte sua, sottoscrisse una querela per ingiurie.

La storia fece il giro del Paese: vi furono interrogazioni e fu perfino tenuto, in merito, un dibattito parlamentare. La signora si chiamava Edith Mingoni, sposata Toussan, e sollecitò l’aiuto del padre colonnello, e del marito, capitano d’aviazione. I due familiari sfidarono Scalfaro a duello, e lo stesso fece anche il comico Totò, nella sua veste di nobile. L’attore scrisse a Scalfaro una lettera aperta in cui lo bollò di fellonia. La questione rimbalzò sulle pagine del Marc’Aurelio e del Travaso, i settimanali satirici dell’epoca. Dice, oggi, Beniamino Scalfaro: “Lo zio ebbe sempre a cuore il pudore e fu anche componente della commissione di censura cinematografica. Fu timorato di Dio e rispettoso della memoria della moglie. Rimasto vedovo, volle vicina, come unica donna, la figlia Marianna”.

“Ma – aggiunge – anche se era un po’ rigido, da qui ad alzare le mani contro una signora, ce ne corre. Non era certo tipo da compiere quei gesti!”. Conclusione: “Lo so per certo: non fu lo zio a menare, ma fu lui a beccarsi dei bei ceffoni. Questo mi risulta e questo mi raccontò: fu lui ad essere schiaffeggiato, secondo il rituale cavalleresco”. Evidentemente, in assenza del guanto, gli accompagnatori della signora in decolté decisero di operare a mani nude!

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