Sabotaggio anarchico al treno, la difesa del gruppetto: "Non c'è nessuna prova"
Oggi in aula l'arringa del difensore di Alessandro Settepani, il ragazzo finito sotto processo, insieme a Sergio Stefani e altri sette, per aver sabotato un treno diretto a Orte. Domani in aula sarà lette la sentenza. Chiesti per lui dal pm Manuela Comodi 10 anni di reclusione
“Questo non è un processo alle idee”. Lo aveva detto il pm Manuela Comodi durante la requisitoria. Lo aveva detto quasi urlando in aula davanti ai due imputati, Alessandro Settepani e Sergio Stefani, finiti sotto processo per lo sventato sabotaggio di un treno. Lo aveva detto chiedendo 10 anni di reclusione per Stefani, considerato il leader, e cinque e sei mesi per Settepani. Lo aveva detto prima che nuovi atti intimidatori portassero all'esplosione di tre petardi davanti la Questura da parte di antagonisti.
L’avvocato Maria Luisa D’Addabbo, difensore di Settepani, oggi, 21 ottobre, ha deluso le aspettative del pm di chi pensava che avesse puntato l'arringa su "un processo politico piuttosto che su prove certe": “E’ stata fatta richiesta di condanna per l’attentato alla sicurezza dei trasporti, ma bisogna chiederci cosa è successo a Orte? C’è stato l’attentato? Di fatto non è successo niente e se anche ci fosse stato si sarebbe solamente assistito all’arresto del treno e non a una vera e propria messa in pericolo dei cittadini”. Si guardano tra loro gli amici dei due eversivi. Un gruppetto che resta compatto ai margini della sala, pronti a dare un sostegno morale al loro compagno. Nessuno ride, ascoltano seri, consapevoli del fatto che domani si tornerà in aula per la sentenza definitiva.
“Bisogna punire le persone per i fatti e non per le intenzioni”, aggiunge la D’Addabbo, convita che quel 432 del codice penale non stia in piedi. Lo stesso 432 che prevede: “Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. Per lei infatti quel pericolo non c’è mai stato. Quei due ganci non avrebbe portato “a nessun disastro”. Domani, la sentenza e a quel punto si vedrà se i giudici la pensano come lei.