Riscuotono indebitamente le accise sulle forniture elettriche per aziende, due società condannate
Il giudice di pace di Città di Castello ha ritenute illegittime le riscossioni, l'avvocato Ceci: "Una direttiva europea e una sentenza della Cassazione avevano già detto che non si poteva richiedere"
Le società di fornitura di energia elettrica incassano le accise indebitamente, il giudice di pace le condanna a restituire migliaia di euro a due aziende tifernati.
Le due aziende, assistite dall’avvocato Mirko Ceci, si sono rivolte al giudice di pace, competente per l’ammontare della richiesta di risarcimento, per ottenere il rimborso delle accise pagate sulle forniture di energia elettrica, dopo che l’Unione europea aveva detto che era illecito e la Cassazione aveva introdotto il principio in Italia.
“La sentenza della Cassazione del 2019 dice che non è legittima l’applicazione dell’addizionale provinciale delle accise sull’energia elettrica relative al periodo 2010-11 – dice l’avvocato Ceci – La normativa nazionale aveva quindi abrogato l’applicazione delle accise per le aziende, recependo la direttiva europea del 2008. Per la Cassazione, però, la direttiva era immediatamente applicabile e le società che avevano richiesto le accise alle imprese lo avevano fatto in maniera illegittima”.
Con il ricorso al giudice di pace si chiedeva, quindi, la restituzione delle somme indebitamente pagate e riscosse. Un’azienda fornitrice si costituiva e chiedeva il respingimento della richiesta, mentre l’altra chiedeva la chiamata in causa dell’Agenzia delle accise, dogane e monopoli, in qualità di ente che riscuote le accise.
Il giudice di pace di Città di Castello ha accolto le richieste del difensore Mirko Ceci, condannando le due società a risarcire, rispettivamente, 3.700 e 1.000 euro, oltre alla rivalutazione e agli interessi, oltre al pagamento delle spese legali. In una delle due sentenze il giudice ha riconosciuto il risarcimento in capo all’Agenzia delle accise, dogane e monopoli, valutando per l’economicità processuale ed evitando al ricorrente di fare un’altra causa per ottenere il risarcimento.