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Cronaca

Picchiato dai genitori e rapito in Libia, il Tribunale di Perugia riconosce la protezione umanitaria al rifugiato con disturbi d'ansia

Per il giudice il ritorno in Nigeria, oltre ad essere pericoloso, non consentirebbe all'uomo di ricevere cure adeguate

L’assenza di cure adeguate e di assistenza per i disturbi mentali costituiscono un elemento a favore del richiedente asilo o rifugiato. Il Tribunale di Perugia, con decreto del 28 gennaio del 2022, ha riconosciuto la protezione umanitaria a un cittadino nigeriano “affetto da disturbo ansioso depressivo con somatizzazione, preso in carico dal CSM con terapia farmacologica”. Lo straniero è assistito dall’avvocato Francesco Di Pietro.

Secondo quanto appurato dal giudice in merito “al sistema sanitario nigeriano, in caso di rimpatrio, il ricorrente si troverebbe impossibilitato a continuare la terapia farmacologica e psicologica in atto, con peggioramento delle condizioni di salute”.

“Un report del governo nigeriano, pubblicato a settembre 2018, evidenzia le numerose problematiche del servizio sanitario nazionale: una politica ed un contesto legislativo inadeguati, scarsa dotazione di bilancio (solo il 3,3% del bilancio federale viene destinato alla salute mentale), carenza cronica di personale qualificato nella cura delle malattie mentali, mancata inclusione della salute mentale nell'assistenza sanitaria di base e l'assenza di programmi di salute mentale per la popolazione” si legge nell’ordinanza.

Una ulteriore conferma da una sentenza della Cassazione, del giugno del 2020, in cui si rileva che “in Nigeria i servizi sanitari per la cura delle malattie mentali sono quasi inesistenti: mancano psicologi, assistenti sociali, neuro fisioterapisti o terapisti occupazionali e le terapie farmacologiche raramente sono disponibili” con 250 psichiatri su 200 milioni di abitanti.

L’uomo si è rivolto al Tribunale di Perugia per ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o il rilascio di un permesso di soggiorno per “casi speciali”. Il ricorrente aveva dichiarato di aver perso entrambi i genitori quando era molto piccolo e di aver subito maltrattamenti da parte dei genitori adottivi. A fondamento della propria richiesta di protezione internazionale, il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese dopo che i genitori adottivi lo avevano aggredito dopo aver appreso della gravidanza della fidanzata nell’agosto del 2016. A ottobre del 2016 era in Libia, dove però era stato sequestrato dagli Asma Boys che, per otto mesi, lo avevano tenuto in prigionia nel villaggio di el-Gatrun. Riuscito a scappare, il ricorrente era giunto, quindi, in Italia via mare a luglio 2017, dove si erano manifestati i disturbi ansioso-depressivi.

Il Tribunale di Perugia in parziale accoglimento della domanda, ha riconosciuto al ricorrente il diritto alla protezione umanitaria.

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