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Cronaca

Riciclaggio, imprenditore inchiodato dalla Guardia di Finanza: maxi sequestro a Perugia

Immobili e imprese intestate a prestanome, i soldi arrivavano da Secondigliano

Soldi "dall'area di Secondigliano", di "origine illecita", spuntati "alla fine degli anni Novanta, quando la famiglia del principale indagato era rimasta coinvolta in indagini per delitti di criminalità organizzata". 

I militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia, su delega della Procura di Perugia, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, nei confronti di un imprenditore di origini napoletane, ma stabilmente residente nel capoluogo umbro, operante nel settore del commercio ambulante di tessuti ed indumenti usati.

L'uomo, spiega la Guardia di Finanza di Perugia, "è ritenuto responsabile del reato di trasferimento fraudolento di valori, per aver attribuito fittiziamente a terzi beni immobili e quote societarie, al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniale ed agevolare la commissione di condotte di riciclaggio".

L’indagine delle Fiamme Gialle – che trae origine dall’approfondimento investigativo di movimentazioni bancarie, oggetto di segnalazione di operazioni sospette da parte dell’Unità di Informazione finanziaria della Banca d’Italia – portata avanti anche con intercettazioni telefoniche e accertamenti patrimoniali, ha consentito di scoprire che l’indagato principale aveva assegnato la titolarità di immobili ed imprese a congiunti e ad altri prestanome.  Un trucco, spiega la Guardia di Finanza, usato per "reimpiegare somme provenienti dal nucleo familiare di origine, stanziato nell’area di Secondigliano e, ritenute, in base alle ricostruzioni delle singole posizioni reddituali, di origine illecita". E ancora: "L’analisi dei flussi finanziari ha permesso, infatti, di collocare temporalmente l’origine di tale provvista alla fine degli anni Novanta, allorquando la famiglia del principale indagato era rimasta coinvolta in indagini per delitti di criminalità organizzata".

Le indagini della Finanza hanno evidenziato come l’imprenditore avesse attribuito formalmente al figlio la proprietà di tre immobili nel comune di Perugia e un terreno e un fabbricato in costruzione sull’isola di Ischia, acquisiti dalle aste giudiziarie per un prezzo complessivo di quasi mezzo milione di euro. E non è finita qui. Dalle indagini è emersa l’intestazione fittizia ad altri soggetti di imprese attive nel commercio ambulante presso le più importanti aree mercatali dell’Umbria, comparto nel quale il principale indagato è risultato aver acquisito una posizione di leadership, controllando, di fatto, la maggior parte dei “banchi”.

Seguendo la ricostruzione effettuata dai finanzieri e condividendo le ipotesi accusatorie formulate dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha evidenziato "che le condotte di fittizia intestazione erano successive ad una proposta di applicazione di misura di prevenzione nei confronti dell’imprenditore, il quale era a conoscenza della pendenza del procedimento a suo carico e, pertanto, pienamente consapevole che gli si sarebbe potuta applicare anche una misura di carattere patrimoniale".

“Tale consapevolezza – sottolinea il Gip – avevano gli altri concorrenti nei reati contestati (…) Ciò emerge dal contenuto delle conversazioni captate (…) dalle quali traspare un rapporto di estrema confidenza fra tutti gli indagati, tale da far ragionevolmente reputare che gli stessi fossero tutti a conoscenza del procedimento di prevenzione pendente e che abbiano agito al solo fine esclusivo di venire incontro alle necessità del (omissis) per non farlo risultare formalmente intestatario di società o beni”.

Disposto il sequestro preventivo, ai fini della confisca diretta, di tutti gli immobili e delle quote societarie fittiziamente intestate a terzi.

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