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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Una ricerca umbra migliora la terapia e la qualità della vita degli ipotiroidei

Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Efisio Puxeddu, del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia e pubblicato sulla rivista “Endocrine”, con primo nome della dottoressa Silvia Morelli

Tre studi italiani possono cambiare le abitudini di 4 milioni di ipotiroidei che la mattina hanno un risveglio macchinoso, se c’è chi addirittura mette la sveglia un’ora prima per assumere correttamente la levotiroxina, il farmaco di riferimento per l’ipotiroidismo: uno dei tre studi è stato condotto dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Efisio Puxeddu, del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia e pubblicato sulla rivista “Endocrine”, con primo nome della dottoressa Silvia Morelli.

“La ricerca – spiega Puxeddu - conferma che la formulazione liquida di levotiroxina è in grado di superare le restrizioni di assunzione proprie della formulazione in compresse. È stata dimostrata la pari efficacia terapeutica, attraverso la misurazione della concentrazione di TSH, tra la somministrazione della levotiroxina liquida durante la colazione o 10 minuti prima di colazione. La possibilità di assumere il farmaco contemporaneamente alla colazione, insieme al cappuccino o al caffè – sottolinea il ricercatore perugino - significa conservare l’usuale stile e qualità di vita del paziente fin dalle prime ore della giornata, favorendo l’aderenza del paziente alla terapia, con positive conseguenze sulla risposta clinica”.

Circa il 10% della popolazione italiana soffre di una patologia della tiroide e oltre il 3% è in terapia con levotiroxina (LT4). L’ipotiroidismo colpisce il genere femminile nell’80% dei casi, con picchi fino al 10-15% nel periodo post-menopausale. La terapia con questo ormone, la levotiroxina, è molto sensibile a tante condizioni cliniche e ad una serie di variabili che possono mettere in discussione il successo della terapia.

“La formulazione liquida della levotiroxina presenta anche altri vantaggi - continua il professore Puxeddu -, infatti, la compressa può non essere facilmente assorbita e assimilata in alcune condizioni patologiche e non patologiche. L’assorbimento dell’ormone tiroideo è legato a tante variabili come l’ingestione contemporanea di cibo, di caffè, di fibre o soia, la ridotta acidità gastrica, condizioni di malassorbimento, l’intolleranza al lattosio e assunzione di altri farmaci come inibitori di pompa protonica (PPI) e antiacidi. In questi casi, fino ad ora, l’endocrinologo poteva solo aumentare la dose di levotiroxina per garantire il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. Questo problema può essere risolto con la formulazione liquida che migliorando il profilo farmacocinetico dell’ormone, ne rende meno influenzabile e più stabile l’assorbimento, assicurandolo in tempi rapidi”.

I tre studi italiani hanno coinvolto complessivamente 380 pazienti ipotiroidei con valori stabili di TSH; di questi, 101 sono passati dalla terapia in compresse alla formulazione liquida e questo passaggio si è associato a un miglioramento statisticamente significativo della qualità di vita, secondo quanto dichiarato dagli interessati, nel 66% dei casi.

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