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Cronaca

"Quarto passo", nuovo stop al processo contro le infiltrazioni malavitose in Umbria

Dopo il caso dei microfoni non funzionanti a settembre, per l'udienza di novembre c'è il rinvio per malattia di uno degli imputati

L’udienza di settembre è saltata perché non funzionavano i microfoni. Quella di novembre perché uno degli imputati stava male.

Il processo contro le presunte infiltrazioni mafiose in Umbria, stenta a decollare, in barba all’altisonante nome in codice di “Quarto passo”.

Il maxi processo contro la ndrangheta, con 56 persone imputate per associazione per delinquere di stampo mafioso, ricettazione, estorsione, traffico di droga, truffa, usura, è stato fermato di nuovo da un cavillo.

Secondo l’accusa gli imputati sarebbero tutti appartenenti ad un presunto clan mafioso che voleva mettere le mani sull’economia nel territorio perugino attraverso l’acquisizione di 39 imprese, 106 immobili, 129 veicoli, 28 contratti assicurativi, oltre 300 rapporti bancari e di credito. La base operativa della banda sarebbe state a Ponte san Giovanni, mantenendo contatti con le famiglie di Cirò e Cirò Marina.

Per gli inquirenti il gruppo avrebbe agito con “modalità tipicamente mafiose di acquisizione e condizionamento di attività imprenditoriali, in particolare nel settore edile, anche mediante incendi e intimidazioni con finalità estorsive”.

Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati: Adorisio, Cozza, Modesti, Modena, Paccoi, Egidi, Schettini, Figoli, De Lio, Zaganelli, Nannarone, Modena, Balani, Zaganelli. Costituite parte civile la Regione Umbria, il Comune di Perugia, la Cgil, Libera e le associazioni ‘Paolo Borsellino’ e ‘Antonino Caponnetto’.

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