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Cronaca

Massaggi “hot” nei centri gestiti dai cinesi, le telefonate con i clienti: “Si può fare tutto, dipende dal prezzo”

Dall’inchiesta dei Radiomobile di Assisi emerge che erano le donne a chiamare per proporsi come lavoratrici sessuali per cifre intorno ai 4mila euro al mese

Un cinese residente a Bastia Umbra di 35 anni, cinque connazionali di 34 anni, 42 anni, 53 anni, 41 anni e 43 anni, residenti a Perugia e Foligno, difesi dagli avvocati Luigi Costa e Sebastiano Pirisi, sono finiti nella maxi operazione che ha riguardato 11 centri massaggi e portato a indagare 22 persone per sfruttamento della prostituzione.

Secondo la Procura di Perugia, che ha coordinato l’indagine che ha toccato le province di Perugia, Lodi, Verona, Bologna, Firenze, Prato, Arezzo, Fermo, Ascoli Piceno, Teramo e Brindisi, il gruppo si sarebbe reso responsabile di “una serie di delitti di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione … in danno di donne di nazionalità cinese, alcune delle quali clandestine o irregolari sul territorio italiano, favorendone la permanenza clandestina/irregolare all’interno di locali ‘centri benessere/massaggi’ o appartamenti” dove sfruttare il meretricio delle stesse, con un giro d’affari di 350mila euro al mese.

L’associazione “era finalizzata a favorire e sfrutta la prostituzione delle donne di nazionalità cinese, vincolando le stesse a prostituirsi e ad alloggiare nelle strutture controllate e alle condizioni dettate dal gruppo”, all’interno del quale c’era chi dirigeva “tutte le attività illecite condotte dal sodalizio, mediante la gestione delle utente telefoniche, dei clienti, dei proventi nonché degli annunci, del reclutamento, della sistemazione logistica e del trasporto/trasferimenti delle ragazze, della pubblicità dei locali e di ogni altra necessità relativa alla conduzione dei centri”, chi “fungeva da prestanome-titolare per l’apertura e l’acquisizione dei centri massaggi” e chi portava “falsa documentazione” in Questura per ottenere il permesso di soggiorno.

La Procura contesta anche il reato di riciclaggio in merito alla cessione della “propria identità o prestarsi per effettuare transazioni finanziarie … idonei a ostacolare/camuffare l’identificazione della provenienza illecita del denaro”.

L’indagine condotta dal Radiomobile di Assisi è iniziata monitorando una serie di siti di appuntamenti, di escort e di centri massaggi, tutti collegati tra di loro e riconducibili alle stesse persone. Annunci con “una esplicita evocazione sessuale, riproducendo ragazze che, se non totalmente prive di indumenti, sono in pose seducenti o indossano abiti succinti, non lasciando dubbi sulla natura delle prestazioni offerte”.

Il gruppo istruiva le ragazze: “Quando finisci un lavoro mandami un messaggio in cinese, ma non è necessario scrivere in modo molto chiaro”, seguono le indicazioni sui numeri sul fatto che “da noi non esiste la mancia, pagano quello che fai”.

Per quanto riguarda la retribuzione, si legge in una nota degli investigatori, uno del gruppo dice ad una ragazza: “Non ti devi preoccupare e soprattutto dipende da come lavori, Per esempio la persona che ha lavorato per me è riuscita a guadagnare perfino 6mila euro. Hai capito? Dipende tutto da te”.

La giovane non ci crede e pensa che sia dovuto alla grande bellezza della persona che ha guadagnato così tanto e l’intermediario risponde: “No, è minuscola, magra e non è brutta, ma la cosa importante è come lavora”.

L’importante è capire come funziona: “Porto via tutti gli incassi e non faccio il conto con la lavoratrice ogni giorno”, anche se il guadagno poi lo dividono a metà: “Poi se una lavoratrice non è onesta, lui sarà sempre in grado di trovare delle prove per dimostrare” che non si è comportata bene.

Molti elementi investigativi sono emersi dalle telefonate ai centri massaggi, con le donne che al telefono dicono “di non parlare … ma facciamo tutto”. E se il cliente ha richieste particolari, la risposta è “sì”, ma dipende dal prezzo da pagare: con 30 euro solo certe prestazioni, con 50 altre e con 70 euro si può avere tutto.

Dalle intercettazioni emerge anche come siano le stesse donne cinesi a contattare i centri massaggi in cerca di lavoro. Alcune pensano di fare le massaggiatrici, mentre altre conoscono bene i prezzi delle prestazioni e la quota che spetterebbe loro: si può arrivare a guadagnare anche 250 euro al giorno e 7mila euro al mese, se ci lavora da sole, in coppia si scende a 4mila euro al mese, anche “se dipende dall’aspetto e l’età e se sa soprattutto trattenere e soddisfare i clienti”.

Un’altra donna ha dei dubbi e spiega a una delle indagate che dovrebbe “dire una bugia alla famiglia in quanto non vuole fare questo tipo di lavoro in quanto sarebbe una cosa molto vergognosa e chiede se è “vero che bisogna fare tutto”. L’indagata le risponde che alcuni servizi non vengono forniti, “ma sempre con preservativo”.

I centri offrono “tutti i tipi di servizi ai clienti, da piccolo a quello grane (cioè il rapporto sessuale, ndr). In media il guadagno mensile è di 6mila euro e il minino di prezzo chiede per un servizio grande al cliente è 50 euro”.

Lucroso anche il giro d’affari che comprende permessi di soggiorno e cessione dei centri massaggi: 450 euro per l’affitto, 10mila per la cessione, “se le interessa del permesso di soggiorno, si paga 4mila annuale di affitto” per un locale “munito di 4 stanze, ma soltanto 2 stanze con il letto matrimoniale vengono utilizzate per l’uso lavorativo”.

Una delle donne, sentita dagli investigatori, dice che lavorava in un centro massaggi di Città di Castello e svolgeva attività in nero, prendendo 50 euro per un massaggio di un’ora e 30 per uno di mezz’ora, di cui a lei rimanevano, rispettivamente 30 e 12 euro. Il restante 60% lo consegnava a un persona cinese che non conosceva.

Giro d’affari che, logicamente, ha risentito delle chiusure imposte dal Covid, ma poi ripreso alla grande: “Un cliente chiama e chiede indicazioni per raggiungere il centro massaggi, poi si fa spiegare la strada per arrivarci e alla fine dice che lui vuole fare l’amore completo, la donna dice che quando arriva ne parleranno, ma lui insiste e ripete che vuole l’amore completo, la donna gli dice sì sì per farlo smettere di parlare al telefono”.

Oppure come nel caso di un giovane che chiama il centro massaggi e dice alla donna se si ricorda di lui, “è quello che con cui è stata ieri sera, la ragazza risponde di sì e il cliente chiede se può tornare da lei adesso, fra 15 minuti … il cliente dice che vuole fare sesso, senza massaggio e chiede se va bene 30”, ma la giovane risponde che va bene tutto, ma il costo è 50 euro.

Secondo il giudice “la prostituzione cinese è un fenomeno parzialmente differente rispetto a quella posta in essere da altre etnie: nello sfruttamento della prostituzione gestita da albanese, rumeni o nigeriani, l’attività sovente viene imposta alla donne con violenza, oppure attirandole in Italia con l’inganno e l’illusione di un lavoro lecito”.

Per quanto riguarda i cinesi, invece, “le donne decidono liberamente di svolgere tale attività al fine di guadagnare denaro; il lavoro viene pubblicizzato in annunci online e i responsabili … informano fin dall’inizio quale sia il genere di lavoro che sono chiamate a fare; la prostituzione avviene poi non su strada, ma in centri o in appartamenti, comunque in luoghi chiusi e per certi versi protetti”, anche se i responsabili dei centri invitino le donne a non uscire troppo e “provvedano a rifornirle di ciò di cui hanno bisogno”. Mentre gli incassi “sono divisi fra la prostituta e i titolari del centro in misura prevalentemente paritaria”. Una modalità di svolgimento che, comunque, si qualifica sempre come sfruttamento della prostituzione, in quanto sono i titolari dei centri che stabiliscono il numero di clienti, percepiscono metà dei guadagni e spostano le donne in altre strutture quando lo ritengono utile.

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