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Fanno prostituire giovani ragazze appena arrivate in Umbria, marito e moglie condannati ed espulsi

Il Tribunale amministrativo regionale conferma la decisione della Questura: reato che impedisce il rinnovo del permesso di soggiorno anche per il suo ampio disvalore sociale"

Chiede il rinnovo del permesso di soggiorno, ma la Questura rifiuta di prorogare il documento in quanto il soggetto è stato condannato per reclutamento e favoreggiamento della prostituzione di diverse connazionali.

Il cittadino cinese, difeso dall’avvocato Daniela Pettirossi, si rivolge quindi al Tribunale amministrativo sostenendo che il diniego della Questura non sia stato tradotto nella sua lingua e perché non sono sono stati fatti accertamenti sulla “pericolosità sociale del ricorrente” che dopo quell’episodio non avrebbe più commesso reati.

I giudici amministrativi hanno subito ricordato che “in tema di rilascio del permesso di soggiorno, il reato di favoreggiamento della prostituzione rientra chiaramente tra i reati diretti allo sfruttamento della prostituzione, condividendone lo stesso disvalore sociale e l'antigiuridicità”.

Quanto alla pericolosità sociale basta la valutazione dei fatti che hanno portato alla condanna “a 2 anni di reclusione e 600 euro di multa per reclutamento di persone da destinare alla prostituzione e successivo loro favoreggiamento e sfruttamento in concorso con la compagna, anch’ella destinataria di medesima condanna, divenuta definitiva”.

Per quanto riguarda la mancata “traduzione in lingua comprensibile”, ci sono “diversi indizi che concorrono a far ritenere che la parte fosse ben in grado, all’atto della comunicazione del diniego impugnato, di comprendere la lingua italiana e quindi di percepire appieno il suo contenuto lesivo, quali il suo regolare soggiorno in Italia da diversi anni, lo svolgimento di attività lavorativa e la perfetta integrazione dello straniero come dichiarato dal medesimo”.

Ultima considerazione riguarda la presenza di figli minori: sono talmente piccoli che non si possono usare come segno di “radicamento nel tessuto nazionale”, tanto più che anche la madre dei bambini, nonché moglie dell’uomo, è stata condannata per il medesimo reato e anche a lei non è stato rinnovato il permesso di soggiorno.

D qui il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.

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