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Cronaca

Nelle sale pubbliche non si possono vendere libri: ecco le reazioni di autori ed editori

Fino a poco tempo fa la vendita era consentita, ora non più. “Proibizionismo assurdo, per un prodotto che ha, almeno, il pregio di non nuocere alla salute”

Ha suscitato stupore quanto accaduto a palazzo Cesaroni, durante la presentazione dell’ultimo libro del pittore Franco Venanti, edito da Francesco Tozzuolo (evento sul quale PerugiaToday ha proposto un servizio). L’editore aveva allestito il book shop e attendeva il pubblico in cima alla scalea, davanti alla sala Brugnoli, ma gli è stata impedita la vendita del libro.

“È capitato anche a me, in provincia, qualche anno fa”, conferma un editore di nicchia, specializzato in libri d’arte (Raffaele Marciano di Edizioni Aguaplano). Il quale precisa di essere a conoscenza di analogo divieto nelle sedi delle Fondazioni di origine bancaria.

Per quanto riguarda gli enti pubblici, non c’è, ovviamente, nessuna legge che preveda tale divieto, ma pare che la proibizione sia il frutto di un regolamento.“Ma i regolamenti, notoriamente, si fanno e si disfano”, osserva scandalizzato un operatore dell’editoria.

Fino a poco tempo fa, la vendita era consentita, ora non più. “Proibizionismo assurdo, per un prodotto che ha, almeno, il pregio di non nuocere alla salute”, commenta caustico uno del settore. A parte il pessimo servizio reso all’editoria e alla (mancata) diffusione della cultura, sembra quasi sacrilego che il prodotto dell’ingegno e della creatività umana sia considerato alla stregua di una pentola a pressione. Tanto più da parte di un ente pubblico.

Osserva, in un commento, lo scrittore ed esperto di archivistica Andrea Maori: “Siamo circondati da leggi e regolamenti stupidi e superati”. Maori, autore di molte e qualificate pubblicazioni, aggiunge una riflessione di buon senso: “Faccio poi notare una contraddizione: spesso, sempre più spesso, le sale pubbliche non vengono più concesse gratuitamente. Entriamo quindi già in un rapporto commerciale di un servizio concesso a pagamento. La logica vuole che, di conseguenza, chi organizza un evento deve avere la possibilità di rientrare nelle spese, quindi gli sia concessa la vendita di quello per cui ha chiesto l'uso della sala”.

È da notare peraltro che, in certe sale (come l’auditorium di Santa Cecilia in via Fratti), il ticket può largamente superare anche i duecento euro. “Ce ne vogliono di libri da vendere per recuperare una somma del genere! Specie coi risicati margini attuali”, osserva un piccolo editore.

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