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Cronaca

Post, la donazione del sangue sotto i riflettori: l'ultima mostra di Enrico Tombesi

“La donazione del sangue è come la dieta: si rimanda sempre a lunedì!”. Parola di Anna Ferretti, assessore al sociale del Comune di Siena e ospite, al Post, per l’inaugurazione della mostra multimediale interattiva “Globulandia@Post”, aperta fino al 15 ottobre. L’apertura dell’evento avviene in coincidenza con la Giornata Mondiale del donatore di sangue.

“È l’ultima mostra da me curata”, dice con un filo di commozione Enrico Tombesi che, da settembre, si occuperà di progetti educativi, dopo 18 anni di operosa e brillante presidenza del Post (ma sulla questione e sui suoi sviluppi Perugia Today avrà modo di tornare, perché c’è da pensare che qualcosa non stia filando per il verso giusto).

Sarà la paura dell’ago, la pigrizia, l’egoismo irresponsabile, ma le donazioni latitano. O meglio: non sono sufficienti alla bisogna. “Solo per un trapiantato di midollo occorrono non meno di 40 donatori. Se contiamo i 10 posti del reparto, per coprire la bisogna occorrono 400 persone. Che non sono poche!”, dice Fabrizio Rasimelli, presidente Avis Perugia (reduce da un duro confronto coi “franchi tiratori” della sala del Malconsiglio che hanno sabotato l’iscrizione all’Albo d’oro dell’Avis). “Certo che oggi c’è maggiore accuratezza nella selezione dei donatori, calano i permessi per donazione concessi dal privato, tutto si complica”, osserva Mauro Marchesi, coordinatore della rete trasfusionale dell’Umbria.

“Ma donare il sangue conviene – gli fa eco Rasimelli, che racconta: “Nelle analisi preliminari ai donatori, sono state scoperte, nel 2016, 528 patologie, di cui 26 gravissime”. Un tempo, nella Vetusta, c’erano i poveracci che andavano a donare il sangue per godere della bistecca e del bicchiere di vino finale. Accade anche oggi? La risposta: “Non i poveracci, ma chi dona, indiscriminatamente, si vede offrire la fetta di carne. I celiaci, addirittura, dei prodotti ad personam”. Ma donare – sia chiaro – è segno di responsabilità ed è per questo che la mostra va vista, capita, interiorizzata. Da quanti già donano e, soprattutto, da quanti si accingeranno a farlo in futuro.

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