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Cronaca

Polizia penitenziaria, anche dall'Umbria a manifestare sotto il Ministero per chiedere più tutele

Il segretario del sindacato Sappe Donato Capece: "Grave recrudescenza nelle aggressioni dopo l'introduzione del regime 'aperto' con i detenuti non in cella"

Gli agenti della Polizia penitenziaria dell'Umbria saranno a Roma, domani 22 giugno, per chiedere al ministro più tutele per gli appartenenti al Corpo.

"Saremo in piazza per denunciare tutto il nostro disappunto e sconcerto per la non affatto condivisa decisione della ministra di costituirsi parte civile al processo, con rito ordinario, che avrà luogo a partire dal prossimo 9 giugno, per i fatti accaduti nell’ottobre 2018 nel carcere di San Gimignano e che vede imputati cinque agenti di Polizia penitenziaria - scrive il segretario del Sappe Donato Capece - Il nostro totale disaccordo, che dà voce alla evidente preoccupazione di tutti i poliziotti penitenziari, non è certo dovuto alla doverosa iniziativa di procedere con l'accertamento dei fatti attraverso un giusto processo; il nostro totale disaccordo, che ha il sapore dell'irriverenza nei confronti di chi ogni giorno tra mille difficoltà cerca di adempiere al meglio al proprio dovere, è nei confronti di un ministro che, anziché rimanere super partes, si schiera apertamente contro i suoi uomini, contro i servitori dello Stato. Ma saremo in piazza anche per gridare al capo dell’amministrazione penitenziaria Bernardo Petralia di prendere con urgenza provvedimenti per i “suoi” uomini che ogni giorno, nelle galere d’Italia, sono le vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti?".

I sindacati chiedono al ministro Cartabia "da che parte sta lo Stato: se dalla parte di chi ogni giorno sacrifica le proprie famiglie, i propri affetti, le proprie passioni per assicurare, in condizioni, quelle sì disumane, lo svolgimento dei compiti istituzionali affidati o, se, dalla parte di coloro i quali hanno commesso ogni genere di reato e hanno minato e minacciato la pacifica convivenza dei cittadini. Ed allora perché il Ministero della Giustizia non si costituisce parte civile contro i detenuti che aggrediscono e feriscono i poliziotti?. Ecco, i poliziotti penitenziari del Sappe domani grideranno, sotto le finestre dell’ufficio del Guardasigilli, 'basta!' a queste mortificazioni morali e professionali e sono pronti a fare sentire la loro voce a Roma davanti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Parlamento!".

Secondo il Sappe sono tante le priorità della giustizia: dalla riforma del Csm alle nuove assunzioni nella Polizia penitenziaria, sotto organico di 5mila unità. "Importante e urgente - conclude Capece - è prevedere un nuovo modello custodiale. E’ infatti grave che la recrudescenza degli eventi critici in carcere si è concretizzata proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia penitenziaria. E per abbattere l’apatia e l’ozio nelle celle i detenuti, invece, dovrebbero essere messi nelle condizioni di lavorare, anche a favore delle comunità territoriali con impieghi in attività socialmente utili. Ma non è certo lasciandoli ore a far nulla nelle celle e nei corridoi delle Sezioni che si favoriscono condizioni di trattamento e rieducazione come prevede la nostra Carta costituzionale". 

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