PERUGINERIE. Domenico Venanti, l’uomo che fece le scarpe a divi, sportivi e imperatori, nel ricordo del figlio Franco
Un ricordo per rendere omaggio al pittore Franco Venanti in occasione del suo novantesimo genetliaco. Domenico Venanti, l’uomo che fece le scarpe a tanti illustri personaggi del milieu nazionale. Fare le scarpe e gli stivali su misura: questa era la straordinaria capacità che fece brillare Domenico Venanti nel mondo dell’artigianato perugino. Faceva anche il commerciante, ma amava soprattutto la creazione di modelli sportivi, che realizzava con idee e materiali di rango. Racconta il figlio, il pictor optimus Franco Venanti, l’unico pittore perugino che potrebbe esclamare, sulla scia della Tosca pucciniana, “vissi d’arte”. Tale è la fama di massimo esponente della nuova figurazione che ha l’orgoglio di sapere le sue opere nelle case private e nei maggiori musei del mondo. Franco ha scelto l’arte come stigma e misura di un’esistenza condotta sotto il segno della creatività e della non piaggeria. Anzi: si fa un vanto di non aver mai compiaciuto i potenti, ricavandone il benché minimo vantaggio. Non un bastian contrario, ma un uomo con la schiena dritta.
Racconta: “Il papà fece le scarpe a Guglielmone, imperatore d’Austria. Quando le mise in vetrina, degli sedicenti ‘patrioti’ scassarono i vetri della bacheca”. “All’epoca, erano tre i massimi esponenti dell’arte della calzoleria: Buonumori per le scarpe da donna (le aveva fatte anche alla moglie di Ernest Hemingway), mio padre Domenico per le scarpe sportive e Bianchi per la calzatura da uomo”, ricorda l’amico Franco, splendido novantenne dotato di una memoria da ventenne.
“Il babbo fece le scarpe (numero 52!) a Primo Carnera, il gigante buono che non entrava nella porta del negozio. Ero bambino e, per farmi un complimento, mi sollevò con una mano come un fuscello”. “Papà aveva lavorato anche per il ciclista Alfredo Binda. Quando veniva, si creava all’esterno del negozio una fila interminabile di curiosi e tifosi (storica la sua rivalità con Guerra), accorsi per vederlo”.
Altri personaggi che ricordi? “Mi viene in mente che fece le scarpe anche per la spedizione di Umberto Nobile, il celebre pioniere della storia dell'aeronautica italiana, reso famoso al grande pubblico per le sue due trasvolate del Polo Nord in dirigibile”.
Altri personaggi che hai conosciuto? “Non si contano e ne parlo a più riprese nei miei libri storico-autobiografici” Li ho tutti e tornerò a leggerli (Per me, il più bello resta “Quando una rondine faceva primavera”, del 20019). Vuoi farmi qualche esempio di personaggi? “Sotto casa mia, in via Bonazzi al civico 13, c’era una pensione famosa dove convenivano esponenti del mondo dell’arte”.
Ne vuoi ricordare qualcuno? “Mi vengono in mente l’attore Angelo Musco e il principe dei tenori, Beniamino Gigli. Avevano entrambi delle proprietà al Lago e nel nostro territorio in generale. Anche Gigli mi prese in braccio all’età di 4-5 anni.Entrambi venivano al negozio del babbo per acquisti e per dialogare”. È il caso di ricordare che Domenico Venanti era un uomo cordiale e generoso, fiero antifascista e da tutti stimato. Certo che le sue posizioni libertarie non gli hanno giovato. E ha avuto la sfortuna di andarsene troppo presto in quell’ultimo viaggio che lasciò la famiglia nel dramma.
Vogliamo, caro Franco, ricordare gli scippi di idee, di cultura e iniziative di cui fu vittima tuo fratello Luciano?
“Hai ragione. Potrei citare la scoperta e la difesa della Necropli del Palazzone, destinata a crollare sotto i colpi di ruspa dei costruttori della strada. In quell’occasione, ci aiutò anche Uguccione Ranieri di Sorbello. Non sto poi a rivangare lo scippo del Corciano Festival, da noi inventato. Ma il merito fu colpevolme rimosso da chi si è arrogato un merito che non gli spettava”.
Qualcosa da recriminare?
“Noi Venanti siamo fatti così. Non conosciamo la piaggeria, non siamo vendicativi, amiamo vivere con dignità la nostra avventura esistenziale. Tu lo sai bene”.
È vero, carissimo Franco, ti vogliamo bene anche per questo.