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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Muore operaio della Perugina, i familiari fanno causa: "Colpa dell'amianto"

Lui è morto dopo una lunga malattia, provocata, secondo l'Accusa, da amianto. I familiari si sono quindi costituiti parte civile nel processo che ha per protagonista un addetto alla sicurezza della Perugina

In quell’azienda lui ci lavorava dal lontano 1972 e cioè da quando ancora la multinazionale Nestlè non l’aveva inglobata. Operaio di seconda categoria, alla Perugina aveva dato l’anima e forse anche la vita, occupandosi senza sosta della manutenzione delle macchine incartatrici di caramelle.  Un lavoro duro che svolgeva con pazienza e professionalità tutti i giorni, obbedendo agli ordini impartiti. Poi quella brutta malattia che si è portato via F.D., queste le iniziali dell’uomo. Un tumore ai polmoni che secondo i familiari, costituitesi parte civile nel processo, sarebbe stato causato “dall’inalazioni di polvere d’amianto”, come si legge nel capo d’imputazione.

Ad essere indagato A.M., assistito dall’avvocato Valeriano Tascini, perché, all’epoca dei fatti, responsabile del servizio sanitario aziendale della IBP (Industriale Buitoni Perugina). Come si legge sempre nel capo d’imputazione l’uomo avrebbe “cagionato per colpa generica o specifica la morte per mesotelioma pleurico di F.D., in quanto responsabile del vertice sanitario sul quale gravavano i compiti di patrocinare i problemi relativi all’igiene e alla sicurezza, fornire informazioni ed indirizzo sull’attuazione dei mezzi di prevenzione, organizzare la sorveglianza sanitaria, scegliere i mezzi di protezione individuali, omettendo però ogni azione volta a sensibilizzare il datore di lavoro e la dirigenza tecnica”.

Secondo la ricostruzione effettuate, l’uomo sarebbe entrato a contatto con l’amianto per isolare la parte saldante delle macchine che servivano a incartare le caramelle “Don”, isolante che veniva ricavato, come ipotizza l’Accusa, da lastre di amianto. Oltre a questo, a cagionare la morte dell’operaio, si ipotizza che possa essere stata la pulizia dei due forni che avveniva, oltretutto, in locali con aria compressa che non facevano altro che inquinare maggiormente il luogo di lavoro. Adesso spetterà al giudice decidere se ci sia una reale responsabilità dell’uomo sulla morte dell’operaio.

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