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Cronaca

Perugia, minaccia la badante che chiede gli arretrati: la Prefettura gli toglie le armi, il Tar gliele restituisce

Per i giudici amministrativi "inaffidabilità nel buon uso delle armi a carico del ricorrente" non è provata da un singolo episodio

Minaccia di sparare alla badante che chiedeva il pagamento degli arretrati: la Prefettura gli toglie armi e munizioni, ma il Tar gli restituisce tutto.

Un uomo, difeso dall’avvocato Emilio Mattei, ha portato davanti al Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria il Ministero dell'Interno contestando il decreto del Prefetto della Provincia di Perugia con il quale gli è stato fatto divieto di “detenere le armi e munizioni in suo possesso” e di “cedere le armi e munizioni in suo possesso a persona non convivente”.

Il provvedimento è la conseguenza di una denuncia presentata dalla badante della madre dell’uomo, “nella quale la querelante affermava che lo stesso non le avrebbe corrisposto il compenso alla stessa spettante, inoltre, minacciandola, dicendole che non doveva avanzare pretese e che non avrebbe esitato a sparargli”. Querela che in seguito veniva, però, ritirata dalla donna.

A carico dell’uomo, però risultano anche denunce per inquinamento di acque e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. A fronte di questa situazione, il Prefetto ha emesso l’ordinanza a carico dell’uomo “non potendo considerarsi affidabile alla detenzione delle armi in suo possesso, né offre le dovute garanzie, anche per il futuro, sulla base di un giudizio prognostico, di non abusare delle stesse”.

I giudici amministrativi hanno, però, ritenuto non valida la tesi della “inaffidabilità nel buon uso delle armi a carico del ricorrente”.

“Come più volte ribadito”, scrivono i giudici umbri, “la detenzione di armi non costituisce un fatto ordinario, ma eccezionale, e può essere autorizzata in deroga al generale divieto di portare e detenere armi” e “tale eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il buon uso delle armi stesse (necessariamente anche con l'impiego di un'estrema prudenza)”.

Il potere di vietare la detenzione, però, “deve comunque essere esercitato in modo logico e ragionevole” e “la valutazione di affidabilità costituisce l’esito di un sintetico giudizio valutativo che deve investire la condotta di vita del soggetto interessato”.

Per i giudici amministrativi “nel caso in esame la motivazione del provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni risulta insufficiente e in alcun modo correlata alla fattispecie concreta, quando invece sarebbe stato necessario quantomeno evidenziare le ragioni per cui sono stati ritenuti rilevanti nell’odierna valutazione sfavorevole precedenti del ricorrente tutti antecedenti e già ritenuti non ostativi al rinnovo della licenza per porto di fucile per uso venatorio”.

Ne consegue l’annullamento del decreto prefettizio e la restituzione di armi e munizioni al ricorrente.

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