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Cronaca

La città che cambia: da oggi l’intitolazione di una via a Benito Vicini è cosa fatta

Non è stato semplice raggiungere lo scopo: troppi i pregiudizi, le visioni ristrette e sessiste. Corone di spine sul capo di una persona mite e civilissima, che ebbe l’ardire di sfidare i benpensanti dichiarando la propria diversità

Da oggi l’intitolazione di una via perugina a Benito Vicini è cosa fatta. Quando c’è l’impegno (in questo caso, quello del consigliere Carmine Camicia), i risultati vengono.

E l’iniziativa è partita proprio dalle colonne di questo giornale, che porta con orgoglio, nella testata, l’identità di alfiere della peruginità. Non è stato semplice raggiungere lo scopo: troppi i pregiudizi, le visioni ristrette e sessiste. Corone di spine sul capo di una persona mite e civilissima, che ebbe l’ardire di sfidare i benpensanti dichiarando la propria diversità.

Benito Vicini, per tutti “Nito”: cantante di livello internazionale, pittore, ballerino. Che non scelse la fuga, come il poeta Sandro Penna, limpido e solare. Ma ne illustrò trenta poesie con la matita blu e portò quei disegno ad Aix en Provence, raccogliendone allori. Se, per Penna, Perugia fu “la città vuota” (di umanità, di comprensione), per Nito fu “matrigna”, piena di sarcasmo e di isolamento. Ma Benito non scappò: preferì vivere con educazione e dignità nella casa del civico 59 di via Pinturicchio, da dove scorgeva i cespugli di rosmarino di Porta Sole, dipingendo un mondo di fiori e scorci della Perugia sconosciuta.

La Commissione toponomastica ha deciso. Non senza un momento di iniziale incertezza: quando parve che quel fascicolo intestato a Benito fosse finito in fondo a qualche cassetto, forse smarrito. C’è voluta la tenacia di Camicia e la denuncia di Perugia Today. Dopo due ore dalla nostra segnalazione, sdegnata, quel fascicolo era ricomparso, come per incanto.

Ora a Nito è stata intitolata una strada a Ripa, accanto a personaggi illustri come Bruno Terzetti, eroe militare, padre del nostro amico Marco. Il nome di Nito accanto a quello di Carlo Vittorio Bianchi, giornalista, uomo di cultura, autore del bellissimo “Ballata tra due guerre”, lo Spoon River dei Monteluciani. A riprova di come, in fondo, il tempo sappia essere galantuomo. 

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