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Cronaca

Catturato boss dello spaccio di Perugia, così gestiva fiumi di eroina e cocaina

Lenta, ma inesorabile, l'ora del "conto" con la giustizia è giunta anche per lui. Nel pomeriggio di lunedì 15 giugno è scattato il blitz degli uomini della Prima Sezione "Criminalità Organizzata". Lo hanno preso e accompagnato in Questura

Dridi Sami, conosciuto dalla Polizia di Perugia anche con il nome di Hidoussi Sofian, ma anche Tarhouni Anoir, tunisino quarantunenne, pluripregiudicato e sposato con una cittadina italiana perugina, tra le varie vicende criminali delle quali si è reso protagonista fin dal suo arrivo a Perugia, in particolare, è stato accuratamente e per diverso tempo “osservato” e monitorato dagli uomini della Sezione “Antidroga” della Squadra Mobile, nel corso di un’operazione di circa 10 anni fa denominata “Pollicino”.

Lenta, ma inesorabile, l’ora del “conto” con la giustizia è giunta anche per lui. Nel pomeriggio di lunedì 15 giugno è scattato il blitz degli uomini della Prima Sezione “Criminalità Organizzata”. Lo hanno preso e accompagnato in Questura, dove gli è stato notificato un provvedimento  esecutivo per la carcerazione, emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Perugia, per il quale dovrà scontare ben 5 anni e 4 mesi di reclusione a Capanne, nonché pagare una salatissima multa di 20.000 euro.  Innumerevoli, a carico del tunisino, i precedenti penali e di polizia, compiuti tra Trapani, Aversa ma soprattutto a Perugia, dove ha accumulato una lunga serie di segnalazioni ed arresti in flagranza per spaccio di sostanze stupefacenti.    

Ma facciamo un passo indietro. L’operazione “Pollicino” viene svolta a carico di un gruppo “misto” dedito al traffico di sostanze stupefacenti e composto da soggetti di origine maghrebina, nigeriana e da complici italiani, per un totale di 15 persone. Tutti gli indagati sono impegnati nell’introduzione, nella preparazione, nel confezionamento e nella cessione al dettaglio di eroina e cocaina, in varie zone della città, secondo uno schema organizzativo estremamente efficace, basato su un continuo “interscambio” di stupefacente o di cessioni, per cui un cliente il quale avesse contattato un pusher al momento sprovvisto, veniva comunque soddisfatto rivolgendosi ad un “collega” corrispondente, magari operativo su un’altra zona della città, ma prontamente reperibile all’occorrenza. Una sorta di società “cooperativa” dello spaccio.

Dridi Sami era ai vertici della compagine “maghrebina” dell’organizzazione criminale, particolarmente impegnato nel reperimento, nel confezionamento e nel successivo spaccio delle dosi, che distribuiva ai tossicodipendenti/acquirenti di San Marino, Via Eugubina, Ponte Rio e Ponte Felcino, facendo base nell’abitazione della propria compagna, perugina, a Montelaguardia.
Gli impegni del trafficante erano intensissimi e lo stesso comunicava con i suoi collaboratori e corrispondenti, con varie utenze telefoniche cellulari di volta in volta dismesse e sostituite, sostituendosi spesso ad essi nelle cessioni o chiedendo loro di fare altrettanto, sia al fine di sopperire alle contingenti carenze di sostanza stupefacente, sia per eludere e confondere le attività della Polizia, ma evidentemente senza successo.  La ricostruzione operata dalla Squadra Mobile, infatti, ha consentito di delineare chiaramente la consistenza del sodalizio criminale e di denunciare 15 soggetti, quasi tutti in custodia cautelare se non arrestati in flagranza nel corso dei vari recuperi di droga effettuati.
Dridi, in particolare, è stato arrestato in ben 6 diverse occasioni, sempre ai sensi dell’art. 73 del DPR. 309 del 1990, nel corso di questa e di altre indagini della Polizia. 

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