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Cronaca

Illegittimo il taglio della pensione d'oro, la Corte dei conti boccia l'Inps: ricalcolare il trattamento

Incostituzionale il taglio di cinque anni per finanziare "quota 100": solo 3 anni e poi bisogna rivalutare l'assegno mensile

Il prelievo forzoso sulle pensioni d’oro non può essere per sempre, ma solo per tre anni. Quindi l’Inps deve ristabilire il corretto trattamento pensionistico che era stato ridotto per garantire “quota 100”. Lo stabilisce un sentenza della Corte di conti dell’Umbria, sulla base di una sentenza della Corte costituzione e della Corte europea.

A fare ricorso contro il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Inps, un pensionato umbro difeso dagli avvocati Vittorio Angiolini, Giulio Gomitoni, Maurizio Cinelli e Paolo Rossi, chiedendo di “dichiarare e riconoscere il diritto del ricorrente a percepire il trattamento pensionistico in atto, senza le decurtazioni” per recuperare fondi per le politiche “solidaristiche” e l’applicazione della “quota 100”. Decurtazioni che sono state ritenute incostituzionali nella misura dei cinque anni di trattenute, ma non se queste avvengono per un periodo di tre anni, ritenuto legittimo con le finalità di solidarietà. Da qui la richiesta di restituzione di “quanto illegittimamente trattenuto, con interessi, rivalutazione ed ogni accessorio di legge”.

Con la sentenza 234/2020 la Corte costituzionale ha affermato che “il legislatore può ‘raffreddare’ la rivalutazione automatica delle pensioni di elevato importo e imporre a carico delle stesse un prelievo di solidarietà, a condizione che osservi i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, anche in ordine alla durata della misura”. Scelta

Secondo la Corte “la misura limitativa della rivalutazione automatica, finalizzata dal legislatore al perseguimento di obiettivi interni al sistema previdenziale aventi un orizzonte triennale -finanziamento della ‘quota 100’, non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità, poiché comunque garantisce un – seppur parziale, ma non simbolico – recupero dell’inflazione anche alle pensioni di maggiore consistenza”; ma le ha accolte per quanto riguarda la “durata quinquennale del contributo di solidarietà”.

La misura spalmata sul triennio “non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità risultando costituzionalmente tollerabile in quanto opera secondo un criterio di progressività e fa comunque salvo il trattamento minimo di 100.000 euro lordi annui”. È irragionevole “per sproporzione la durata quinquennale del prelievo”.

La Corte di conti ha preso atto dell’illegittimità delle norme che stabilivano la riduzione dei trattamenti pensionistici ivi indicati “per la durata di cinque anni”, anziché “per la durata di tre anni” stabilendo che “il trattamento pensionistico spettante al ricorrente dovrà essere ricalcolato come se non fosse intervenuta alcuna falcidia dipendente dall’applicazione del contributo di solidarietà, ma anche dal blocco della rivalutazione”. Cioè va bene bloccare tutto per tre anni, ma allo scadere bisogna ristabilire l’assegno nella sua interezza e calcolare l’ammontare come se il “raffreddamento” non fosse avvenuto.

Se non fosse così “non vi sarebbe una falcidia temporizzata, bensì una (costituzionalmente illegittima) riduzione stabile e definitiva della pensione in godimento”.

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