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Cronaca

Perde il figlio al settimo mese di gravidanza: due ginecologi di Perugia a processo

Una famiglia distrutta dopo la morte di quel figlio tanto atteso. Oggi, 10 aprile, in aula il perito che ha accertato l'esistenza di eventuali responsabilità mediche

Aveva immaginato il loro viso. Si era chiesta a chi avrebbero assomigliato quei due bambini che aspettava in grembo. Gemelli, questo era stato il verdetto dopo la prima ecografia. Poi la gioia. Una gioia spezzata al settimo mese di gravidanza, quando improvvisamente qualcosa non sembra andare per il verso giusto. Immediata la corsa al Santa Maria della Misericordia di Perugia, dove la donna viene tenuta in osservazione nel reparto di ginecologia.

Ed è  all’ospedale di Perugia che la futura madre attende con esitazione il verdetto dei medici per cercare di comprendere cosa stia succedendo. Il ricovero viene effettuato intorno alle 14. Passa il tempo. E si arriva all’una e trenta, orario in cui il medico responsabile del turno decide per un taglio cesario d’urgenza. Una scelta fatta dopo che improvvisamente il battito di uno dei due bambini diventa un suono muto.  La giovane madre non sa che a salvarsi sarà solo uno di loro. L’altro morirà a seguito di un distaccamento della placenta. 

Per i genitori dei piccoli esistono però delle responsabilità. Ed è così che viene aperta un’inchiesta, sfociata in un rinvio a giudizio e di conseguenza in un processo a carico di due noti ginecologi dell’ospedale di Perugia. Oggi, 10 aprile, si torna in aula con la speranza di comprendere se vi siano state reali responsabilità e se, in questo caso,  si tratterebbe di un caso di malasanità.

Seduto sul tavolo dei testimoni, il perito d’ufficio che ha effettuato un’analisi dettagliata sul caso in questione. “Io avrei agito – afferma in aula - in altro modo, ma questa è una mia opinione, mi rendo conto che in questi particolari momenti ogni medico fa le sue considerazioni”. Ma la domanda è: cosa è successo in quelle 11 ore? In aula si ripercorre gli ultimi attimi. “Difficile dire quando si verificò effettivamente il distaccamento della placenta. La paziente – spiega sempre il perito – effettivamente non presentò sanguinamento”. È l’avvocato Gianni Spina, difensore di uno dei due ginecologi imputati, a incalzare: “Di che colore era il liquido amniotico?”. Il perito risponde di “colore chiaro”. Un dettaglio non da poco, dato che starebbe a significare che il tutto sarebbe potuto accadere in pochissimo tempo, non dando la possibilità ai medici di rendersi conto di quello che stava succedendo.

Ma il perito insiste: “La paziente non era stazionaria, a dirlo sono i valori. Io avrei optato per un parto cesario prima”. Ed è questo che il giudice Cenci, moderando il cross examination, tenta di capire: “Si sarebbe salvato il bambino se si fosse optato per questa scelta?”.  “A questa domanda - risponde il perito – non posso rispondere con assoluta certezza. Ma, a mio avviso, avrebbe sicuramente avuto più possibilità”. Per accertare la responsabilità medica bisognerà tornare nuovamente in aula. 

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