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Domenica, 28 Maggio 2023
Cronaca Centro Storico

La Finanza a caccia dei furbetti della casta politica: centinaia di fotocopie su rimborsi sospetti

La nuova inchiesta coordinata dalla Procura, che ipotizza il reato di peculato da parte dei politici, prende spunto dalla relazione della Corte dei Conti che risale a tre anni fa

La presenza della guardia di Finanza a Palazzo Cesaroni, sede del consiglio regionale, non è un fulmine a ciel sereno. Anzi. La nuova inchiesta coordinata dalla Procura, che ipotizza il reato di peculato da parte dei politici, prende spunto dalla relazione della Corte dei Conti che risale a tre anni fa. Le pratiche dei rimborsi ai consiglieri regionali, in molti casi, non avevano tutti i documenti apposto. Ovvero mancavano i giustificati.

Ora spetta alla nuova inchiesta capire non solo perchè la documentazione è mancante ma anche se quei rimborsi sono dovuti come prevede la norma del consiglio regionale. Infatti i denari a diposizione dei gruppi - tagliati di molto rispetto al passato - devono servire per finanziare l'attività politica e amministrativa dei consiglieri. Non si tratta di un fondo senza regole. La Guardia di Finanza ha effettuato centinaia di fotocopie in questi giorni: nel mirino iniziative politiche, rimborsi benzina, pasti al ristorante, prenotazioni di alberghi, trasferte e anche quelli che sono stati definiti doni istituzionali. 

Non mancano alcune anomalie da approfondire soprattutto per i rimborsi di oggetti e vestiario. Per evitare il peculato tutto deve tornare: appuntamenti istituzionali con prenotazioni alberghi, feste politiche reali e non pranzi o cene a scrocco con amici e parenti, doni realmente istituzionali a delegazioni o a istituzioni umbre o nazionali. Chi resta fuori dall'ispezione sono le sigle dei partiti come Fratelli d'Italia e Movimento 5 Stelle, i primi si sono formati a fine 2012 e i secondi invece sono entrati in consiglio regionale solo nel giugno 2015.

L'ATTACCO DI LIBERATI DEL M5S:  “Adesso occorre finalmente proteggere al meglio i whistleblower, ma anche spingere Palazzo Cesaroni a costituirsi in futuro parte civile, reclamando i danni da chi venisse trovato colpevole di ‘condotte appropriative’. Sarebbe assai inopportuno anticipare sentenze, ma quello di ieri a Perugia non appare propriamente come un blitz qualunque. La china è invece molto chiara. Anzi, per noi lo è stata sin dagli esordi: bastava osservare come solo Umbria e Toscana fossero rimaste fuori dallo scandalo spese pazze, per intuire qualcosa di assai peculiare. Solo noi abbiamo denunciato reiteratamente questa singolarità, sia in campagna elettorale che in Aula, sin dal 9 luglio, primo giorno della nuova legislatura regionale”. 

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