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Cronaca

Omofobia, mobbizzato e deriso sul lavoro perché omosessuale: in sei sotto processo

Insultato e trasferito senza mansioni in una sede distaccata, fino al licenziamento. Il giudice del lavoro lo reintegra e la Procura ha indagato i superiori e i colleghi dell'uomo

Sei persone sotto processo per mobbing sul luogo di lavoro nei confronti di un dipendente omosessuale.

Secondo l’accusa i sei, quattro uomini e due donne, difesi dagli avvocati Aldo Poggioni, Gennaro Esibizione, Masismo Lipparini e Marco Gentili, avrebbero, a vario titolo, “maltrattato il dipendente, sottoponendolo a continue e ripetute condotte vessatorie e discriminatore” da cui “scaturiva una situazione di obiettiva costrizione e soggezione psicologica”.

Nel capo d’imputazione sono riportati i comportamenti tenuti dai superiori nei confronti del dipendente a tempo indeterminato: una delle imputate lo avrebbe minacciato “di licenziamento qualora non fosse stato più in grado di fare le consegne dopo l’infortunio sul lavoro” e lo avrebbe obbligato a consegnare “la certificazione medica attestante il ricovero a seguito di tso presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale di Perugia benché la mattia fosse ampiamente documentata ai fini previdenziali”.

Un’altra imputazione riguarda l’aver diffamato il dipendente “con l’appellativo ‘matto’ rivolgendosi agli altri dipendenti dell’azienda” oppure insultandolo davanti a tutti e chiamandolo “imbecille” e “cretino”.

Nelle accuse è finito anche il trasferimento in una sezione distaccata per “farlo lavorare in condizioni di totale isolamento ed emarginazione” oppure affidandogli un incarico che “di fatto, era privo di mansioni”, fio al licenziamento.

Gli altri cinque imputati devono rispondere dell’accusa di atti persecutori perché “in concorso tra loro, con le reiterate condotte, molestavano il loro collega, cagionandogli un grave e perdurante stato di ansia”.

Secondo l’accusa lo avrebbero deriso e sbeffeggiato in più occasioni. Una delle imputate, avrebbe parlato davanti agli altri imitando l’accento del collega e “contestualemente ondeggiava i glutei e muoveva la mano con fare effemminato alludendo al suo orientamento sessuale”.

Gli altri colleghi imputati, invece, lo avrebbero diffamato chiamandolo “frocio, checca, finocchio” alludendo apertamente, e falsamente, a prestazioni sessuali a pagamento del collega nei luoghi della prostituzione a Perugia. In altre occasioni avrebbero istigato altri colleghi a tenere comportamenti vessatori, continuando ad insultarlo con espressioni offensive relative all’orientamento sessuale o simulando una camminata effemminata quando andavano a prendere il caffè alla macchinetta aziendale.

Il dipendente mobbizzato si è costituito parte civile tramite l’avvocato Rita Urbani. È entrata nel processo anche l’associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica, assistita dall’avvocato Saschia Soli. La vicenda ha avuto anche un risvolto processuale davanti al giudice del lavoro, in quanto i dipendenti coinvolti erano stati poi licenziati. Il giudice del lavoro ha disposto il reintegro ritenendo il provvedimento di licenziamento ingiusto a fronte di comportamenti non provati dalle testimonianze.

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