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Cronaca

Legge sull'omofobia e il rischio di discriminazione al contrario: Abolita la libertà di pensiero e di espressione?

L'avvocato Simone Budelli: "Non esiste alcun vuoto normativo per assicurare alle persone omosessuali la tutela contro maltrattamenti, violenze, aggressioni

Il decreto Scalfarotto-Zan vorrebbe combattere l’omofobia (e anche la transfobia), ma per come è formulato ha suscitato molte critiche e perplessità. In questi giorni sono state le gerarchie cattoliche a sollevare dubbi, soprattutto sugli aspetti che andrebbero ad incidere sulla libertà di pensiero e di espressione. Per alcuni operatori della giustizia, inoltre, non ci sarebbe bisogno di nuove norme per tutelare “nuovi diritti”, in quanto l’ordinamento italiano ha già gli strumenti necessari.

Simone Budelli, avvocato, docente universitario e presidente dell’Unione giuristi cattolici di Perugia, risponde ad alcune domande proprio sugli aspetti giuridici della questione: imbrigliare i diritti costituzionali introducendo una sorta di reato di opinione.

Avvocato Budelli, andiamo subito al punto fondamentale: cosa potrebbe accadere con la modifica dell’articolo 604 sulla libertà di pensiero, di educazione, di frequentare o non frequentare una lezione di gender, magari anche resa obbligatoria nei piani scolastici? Qualche esempio?

“Il ddl Scalfarotto - Zan contro l'omotransfobia, in discussione in questi giorni in Parlamento, mira in primo luogo a modificare l’articolo 604 codice penale con cui si vuole di fatto introdurre un reato d’opinione, in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione. In altre parole, mascherando l’iniziativa con la apparente finalità di punire i cd. ‘odiatori’, ovvero coloro che, magari nascondendosi dietro ad una tastiera, insultano gay e trans, si vuole, in realtà, introdurre un reato d’opinione: nessuno potrà criticare o dissentire rispetto a comportamenti e stili di vita non condivisi. Ciò appare inaccettabile: un prete che, richiamando S. Paolo, volesse condannare la sodomia sarà ritenuto un odiatore; un padre che decidesse di non mandare il proprio figlio a lezione di educazione sessuale trans-gender potrebbe rischiare di perdere la potestà genitoriale, la madre che si dovesse opporre al matrimonio della figlia con un bisessuale potrebbe rischiare di essere condannata penalmente”.

Una legge del genere favorisce l’inclusione o innalza steccati?

“In realtà le disposizioni incriminatrici contenute negli articoli 604 bis e ter codice penale sono più che sufficienti a punire gli odiatori, come dimostrano le cronache giudiziarie. La fattispecie delittuosa descritta dall’attuale codice penale è chiara: essa punisce sia la commissione, sia l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza. Non sono però punite (ovviamente) le mere opinioni, anche qualora esse dovessero esprimere un pregiudizio. Non si rischia, cioè, come avverrebbe con l’approvazione della nuova legge di sanzionare una legittima opinione al posto della discriminazione. La differenza tra un mero pregiudizio e una reale discriminazione oggi è valutata dai giudici (di primo, secondo e terzo grado), in base alle condizioni di tempo e di luogo con le quali si manifesta il messaggio, in base alle modalità con cui i messaggi vengono esternati, in base alle precedenti condotte dell’autore e così via, in modo da verificare in concreto se il fatto possa ritenersi realmente offensivo”.

È uno scontro solo tra credenti e non credenti, tra cattolici e laicisti?

“Non è uno scontro tra credenti e non. E’ una battaglia in difesa della Costituzione che tutti gli italiani (compresi i transessuali) dovrebbe fare propria, a tutela della libertà e dell’uguaglianza. Qualche giorno fa abbiamo festeggiato la Repubblica e la sua Costituzione per ricordarci ancora una volta che la libertà e l’uguaglianza sono conquiste difficili e al contempo meravigliose: queste (come diceva Ernest Renan) vanno difese giorno per giorno”.

In Italia si può odiare e discriminare senza subirne le conseguenze penali?

“Con l'ampliamento proposto dal ddl dell'articolo 604 codice penale (che punisce chi critica l’orientamento sessuale e l’identità di genere), si tenta di ammantare di libertà e progresso una proposta di legge liberticida, che non apporta alcuna ulteriore garanzia per la minoranza gender, ma finisce in realtà per limitare in modo ingiustificato fondamentali diritti costituzionali come la libertà di espressione del pensiero o la libertà di insegnamento. Finisce inoltre per costruire altri muri, recinti e riserve, in cui alcuni (ingiustificabilmente) diventerebbero più uguali degli altri: perché criticare un trans sarebbe criminale e criticare, ad esempio, uno zingaro, no?”.

Da un lato chi presenta queste iniziative come battaglie di parità, di uguaglianza, di progresso, dall’altro chi ritiene che questo continuo legiferare sottragga spazi alle libertà individuali. Si corre il rischio che affermare un valore diventi una discriminazione?

“Odiare, insultare, denigrare qualsiasi persona è reato, qualunque sia il suo colore, la sua origine, il suo credo religioso o politico e anche il suo orientamento sessuale. Che bisogno c’è di evidenziare l’atto criminale contro una specifica minoranza, quando peraltro, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno i cd. hate crime non costituirebbero neppure un fenomeno sociologicamente rilevante? Come è possibile che nel nostro ordinamento, la libertà di espressione del pensiero (articolo 21 della Costituzione) pietra angolare di ogni democrazia, possa essere limitata? Ricordo che la dittatura fascista iniziò di fatto con l'approvazione delle leggi ‘fascistissime’ del 1926, con cui Mussolini abolì di fatto la libertà di espressione del pensiero. Memori di ciò i costituenti hanno garantito questa libertà al pari di quella personale, dedicandogli un articolo, che non a caso è il più lungo della Costituzione”.

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