Omicidio Polizzi, pena ridotta a Valerio Menenti: le motivazioni della sentenza
Ergastolo per il padre Riccardo, 16 anni e mezzo a Valerio. “L’imputato – scrivono i giudici – deve essere collocato in un ruolo più defilato nella causazione degli eventi delittuosi, attesa la posizione preponderante del padre”
Esclusione dell’aggravante della crudeltà e dei futili motivi e riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza con la residua aggravante della premeditazione per Valerio Menenti, condannato in secondo grado a 18 anni di reclusione per l’omicidio di Alessandro Polizzi. La corte d’Assise di Appello di Firenze ha così rideterminato la pena a 16 e mezzo per Valerio. “L’imputato – scrivono i giudici – deve essere collocato in un ruolo più defilato nella causazione degli eventi delittuosi, attesa la posizione preponderante del padre” (colui che, materialmente, ha ucciso Alessandro nell’abitazione della fidanzata in via Ricci, ndr). Inoltre, per Valerio, è caduta anche l’accusa di tentato omicidio nei confronti della ex fidanzata, Julia Tosti.
Ma andiamo con ordine. Nel gennaio del 2018 la Cassazione aveva annullato la sentenza di condanna di Valerio Menenti, rinviando per un nuovo giudizio alla Corte d’Appello d’Assise di Firenze che, nel dicembre del 2018, ne dispose la rinnovazione del dibattimento attraverso una perizia ambientale e tecnico informatica sulla conversazione intercorsa tra Valerio Menenti e la ex fidanzata Julia, quando si trovava in ospedale dopo la seconda aggressione subita da Alessandro.
Omicidio Polizzi, Appello-bis: pena ridotta per Valerio Menenti, ergastolo al padre Riccardo
Nelle 34 pagine con cui la Corte fiorentina ricostruisce i passaggi salienti dell’omicidio di Polizzi, ci sono due indizi particolarmente pregnanti da analizzare, come auspicato dalla Cassazione: il possesso della pistola ereditata dal nonno paterno e delle chiavi dell’appartamento di Julia dove venne commesso l’omicidio. Se per la difesa di Valerio, non ci sarebbe nessun passaggio di “consegna” da parte del figlio al padre, risulta accertato, scrivono i giudici, che al momento del delitto sia l’una che le altre erano nella disponibilità del padre Riccardo e che, prima della tragedia accaduta in via Ricci, era il figlio Valerio che le deteneva. La Corte di legittimità ha rilevato però “l’assoluta mancanza di prova e di una ricostruzione plausibile" sulla modalità di consegna (della pistola e della chiavi) al padre.
“A parere di questa Corte – scrivono i giudici – l’utilizzo da parte di Riccardo Menenti delle chiavi dello stabile di via Ricci per accedere quella notte nell’appartamento e sorprendere Polizzi nel sonno e l’uso della pistola dimostrano l’avvenuta consegna dall’uno all’altro o comunque la indicazione da parte del figlio del luogo dove erano custoditi”. Non è dunque ipotizzabile, per i giudici, che Menenti padre sapesse dove fossero custodite e avesse compiuto l’omicidio all’insaputa del figlio. “La volontà omicidiaria di Valerio era stata espressa anche a terze persone”.
Altro punto riguarda il colloquio tra Julia (fidanzata di Alessandro, ex di Valerio) e Valerio. Se Julia, dal canto suo, nel corso di una sua dichiarazione aveva spiegato di una manifestazione della volontà omicidiaria di Menenti figlio, dal contenuto della conversazione registrata dall’imputato non emergeva nessun riferimento a quanto sostenuto dalla ragazza. Ma la Corte fiorentina, spiega che il dato non può essere a favore di Valerio in quanto la registrazione effettuata con il telefonino, all’insaputa della Tosti, non esclude che sia incompleta o “manipolata” dall’imputato “che può aver manipolato – sottolinea la Corte – eliminato proprio la parte relativa alla manifestazione della propria volontà omicidiaria”. Una volontà di vendetta che “emerge inconfutabile” anche da quanto affermato da altri testi”.
Gli avvocati difensori degli imputati sono: Francesco Mattiangeli, Manuela Lupo e Giuseppe Tiraboschi.