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Cronaca

Olio non commestibile venduto come extra vergine, la Procura chiede il giudizio per 3 imprenditori e due aziende

Contestata la frode in commercio e una serie di falsi documenti e attestazioni per superare i controlli doganali

Tre imprenditori del settore oleario, un 50 enne difeso dall’avvocato David Zaganelli, un 53enni difeso dall’avvocato Franco Libori e un 75enne difeso dall’avvocato Helenia Ercoli, e due oleifici difesi dagli avvocati Dario Epifani e Matteo Leoni sono accusati di frode nell’esercizio del commercio, falsità materiale, illeciti amministrativi in relazione alla produzione olearia.

La Procura di Perugia contesta agli indagati, ai quali ha notificato la chiusura delle indagini, di avere “nell’esercizio della propria attività commerciale di vendita di olio extravergine di oliva” immesso in commercio, “consegnandola allo spedizioniere doganale … per l’invio all’acquirente ..., complessivi 7.822,64 chilogrammi di olio (lotto composto da 6.000 bottiglie da 1 litro e lotto composto da 254 bag box da litri 10)” indicando nella fattura un importo di 40.559,46 euro. Nella dichiarazione presentata all’ufficio delle Dogane risultava una spedizione di “olio extravergine di oliva vergine … pur non avendone i requisiti … essendo in realtà il prodotto olio di oliva vergine in luogo della qualità extravergine pattuita”.

L’accusa di falso riguarderebbe proprio i documenti commerciali e fiscali, come anche l’etichettatura, consegnati allo spedizioniere doganale e poi all’Agenzia delle dogane, “inducendo in errore i funzionari” dell’ufficio di Perugia.

L’olio taroccato sarebbe stato venduto ad importanti gruppi alimentari umbri, nazionali e internazionali.

Altra accusa è quella di aver immesso “in commercio una partita di 41,3 quintali di prodotto indicato olio extravergine di oliva ‘italiano-biologico-estratto a freddo’, mentre in realtà esso era olio lampante, che per le sue caratteristiche chimiche organolettiche non era commestibile”. Reato non compiuto in quanto interveniva una perquisizione e un sequestro da parte degli investigatori.

Le contestazioni amministrativi sono relative alle mancate verifiche e ai controlli incrociati che, in qualità di responsabili dell’azienda, avrebbero dovuto fare per garantire la qualità del prodotto.

Contestata anche la difformità tra il prodotto e le caratteristiche organolettiche riscontrate nelle analisi, nei registri e nelle fatture di vendita.

I fatti contestati sarebbero avvenuti tra Perugia, Città di Castello, Gualdo Cattaneo, Forte dei Marmi, Panicale e Castiglione del Lago nel periodo compreso tra il 2018 e il 2021.

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